Quando Vince Zampella e Jason West lasciarono una Infinity Ward all’apice del suo successo, lo fecero per delle motivazioni valide: sapevano già che di lì a poco Call of Duty sarebbe diventato un brand economicamente troppo importante per dei cambiamenti, delle rivoluzioni o per permettere di dar sfogo alla propria creatività.
Una creatività che non per forza sarebbe dovuta andare a braccetto con l’idea per un titolo completamente diverso, ma che avrebbe trovato spazio anche nello stesso genere a cui appartiene la milionaria serie di Activision. È da questa voglia di fare e rinnovare che è nato Titanfall, un videogame che ha stupito i più per il divertimento sfrenato che può regalare anche dopo centinaia di partite. Forse neanche se lo aspettavano i pochi (ma buoni) ragazzi di Respawn Entertainment.
E invece, eccolo arrivato all’appuntamento con il pubblico, una deadline che sancirà, al di là dei pareri esaltati ed esaltanti della critica, chi aveva ragione.
Sin dal reveal dell’E3 2013, Titanfall ha ricevuto gloriosi complimenti da tutte le parti del globo da gente che, dopo averlo provato, non vedeva l’ora di rimetterci su le mani in quel di Colonia. Ma se stiamo parlando di un FPS, genere bistrattato, saturo e bollato come il male supremo anche e soprattutto dagli stessi bellocci della stampa di cui sopra, cos’è che funziona così bene? Quella geniale intuizione che ha reso verticale e dinamicissimo il gameplay alla base della produzione di Respawn, ecco cosa. Sì, perché sarà pur sempre il solito sparatutto, con le solite classi, le solite armi, ma, grazie a queste meccaniche – più gamechanger del sistema di copertura del mio amato Gears of War -, lo è in un modo che cambierà totalmente la visione del genere negli anni a venire. Sempre che l’utenza lo capisca, questo è chiaro.
Titanfall non è semplicemente e banalmente COD con i robottoni: Titanfall è Titanfall, e in quanto tale va giocato come ci ha insegnato a fare. E qui viene a galla l’unico apparente problema che ho riscontrato in circa 10 ore di gioco (in manco due giorni. Faccio schifo). Ma di questo parleremo tra pochissimo.
Oltre a questo misterioso (?) cruccio, alla fine dell’appuntamento a lume di candela con la beta avevo un’altra lacerante riserva che risiedeva nella quantità e la qualità contenutistica del gioco. Infatti, anche se il gameplay alla base della produzione non sarebbe potuto di certo cambiare o peggiorare, avevo il timore che tutta questa fantastica struttura sarebbe stata rovinata dalla pochezza di mappe e modalità a mia disposizione. Una paura che subito è diventata gioia quando, inserendo più volte il disco all’interno del botolone che tanto mi ricorda la prima Xbox, mi sono reso conto del fatto che con cinque modalità e quindici mappe non abbia giocato nelle stesse location e alla stessa maniera più di 3 volte. Aggiungete pure il fatto che, tra modalità nuove (Last Titan Standing è la mia preferita!), vecchie e map design vario, solido e strutturato, oltre al fumo, c’è anche l’arrosto. E che arrosto signori: ogni mappa permette approcci totalmente differenti tra loro, che variano sia a seconda della game mode scelta, che per la concezione strutturale che può dare vantaggio ai titani, ai piloti o, ancora, alle classi e alle tipologie che caratterizzano gli stessi. Per non parlare del fattore figurina rappresentato dalle Burn Card – delle carte abilità consumabili che potenziano in più modi il vostro pilota ad ogni respawn – e dell’infinità di statistiche, sfide e prestigi (qui nominati “generazioni”) da assaporare.
Un punto di demerito va invece assegnato per via della campagna, un contentino composto da un mix di partite multiplayer introdotte da tediose scene e dialoghi che raccontano, in maniera sostanzialmente pessima, il perché ci sia questa guerra interplanetaria in atto. Piuttosto avrei preferito una corposa introduzione filmata, magari con i canoni delle serie tv americane che tanto stiamo amando anche in Italia, ma si sa: in un pacchetto così bello e gustoso, non tutto può andare per il meglio.
E allora, qual è il problema di questa bella fotomodella? La gente con cui ha a che fare. Purtroppo infatti, anche se le meccaniche di gioco sono totalmente differenti da penalizzare (in termini di divertimento e possibilità di vincita) la fruizione a mo’ di un Call of Duty/Battlefield/sparatuttorandom qualsiasi, la maggioranza dell’utenza con cui ho avuto a che fare nelle mie primissime ore di sparatorie saltellanti non ha capito una benamata mazza. Sì, è vero che con il tempo i camper se ne andranno o capiranno che non è esattamente quello il modo di giocare a Titanfall, ma posso assicurarvi che siamo di fronte a un neo che non va affatto sottovalutato. Sapreste quanto è brutto svolazzare agilmente tra un palazzo e l’altro con un raffinato parkour in pieno stile Mirrors Edge e morire perché atterrando c’è l’imbecille di turno che sta fermo lì dietro quella siepe o in cima a quel palazzo. Non è così che va apprezzato Titanfall, proprio no.
Ma siccome è ancora presto per tirare conclusioni in questo senso, non posso fare altro che consigliarvi, senza riserva alcuna, questo capolavoro del multiplayer competitivo moderno. Un titolo in grado di spostare gli equilibri della console war – sono quasi sicuro che Titanfall sarà per Xbox One quello che Gears of War e Halo sono stati per Xbox 360 e Xbox – e cambiare drasticamente un genere che aveva detto già tutto.
Per ora, cara Activision, ha avuto ragione Respawn Entertainment. Ma la palla passa alla neonata community che sta crescendo in queste ore: sta a loro stabilire, con una sorta di sfera genkidama videoludica, se veramente varrà la pena dedicarsi anima e corpo a Titanfall.
Lo sapevo che prima o poi le tecniche di Goku sarebbero tornate utili!