Il rumor è forte, di quelli così forti da valere già da sé il prezzo del biglietto e di un’azione, anzi facciamo due. Le azioni sono quelle di Microsoft e Amazon, coinvolte, parrebbe, nell’affare del decennio e in una premiére nel campo dell’intrattenimento.
Un po’ come quando si dimette un Papa: che succede in quei casi? E chi lo sapeva, prima di un paio di anni fa. Cosa succede quando, peraltro a generazione appena iniziata, uno dei proprietari delle console in “guerra” vende baracca e burattini? Cioè, dopo il fallimento di SEGA nel bel mezzo della produzione del Dreamcast pensavo di averle viste tutte, di essere pronto a qualunque scossone del mondo dell’entertainment videoludico, e invece. Invece lo scenario nuovo c’è, eccovelo servito: Amazon vuole comprare Xbox. Di più: Amazon sta già trattando con Microsoft e lo sta facendo dal lancio di Xbox One, messa sul mercato in maniera non troppo convinta – e convincente – per quello che adesso sembra un motivo davvero valido.
Quasi come se lanciare Xbox One fosse stato un obbligo dettato dalle parti in causa: non uscire con una nuova piattaforma avrebbe comportato un allarmismo tale da far crollare ogni convinzione in una Microsoft, è eppur vero, poco “emozionata” dal mondo del gaming. Un mondo che le ha dato tanto nell’ultima generazione, quella di Xbox 360, ma che tanto le ha tolto nell’era della prima Xbox, uno scatolone nero pieno di perdite e buchi mai tappati.
Buchi che hanno lasciato un segno, prim’ancora che nei bilanci, nelle menti di una certa parte del management di Redmond, tanto potente da spingere per ed ottenere le dimissioni di Steve Ballmer, amministratore delegato da luci e ombre. E contraddizioni: il progetto della Microsoft “compagnia di servizi” è passato per l’affermazione di una piattaforma distribuita e venduta tramite i negozi nella maniera più ortodossa possibile, Xbox appunto, e quando si è palesata l’opportunità di fare il passo che avrebbe connesso realtà e fantasia la critica, così come il pubblico, non ha gradito. Il piano dell’always online non è andato come sperato, è rimasto sul groppone dell’immagine aziendale e sul nome dei dirigenti che l’avevano portato avanti (da Don Mattrick in poi è stata una moria).
E, si rivelassero vere le indiscrezioni raccolte sul conto di Amazon, potrebbe con ogni ragionevole dubbio essere costato la vita all’intera divisione. Non è un caso che nel periodo di “campagna elettorale” per la scelta del nuovo CEO, tanti poi definiti radicali abbiano messo sul piatto la vendita di Xbox.
La verità è che tutti avevano tirato un sospiro di sollievo alla nomina di Satya Natella, un uomo interno alla compagnia, quindi tendenzialmente in linea con le strategie degli ultimi anni e, soprattutto, promosso dall’area cloud rivoluzionaria nel campo dei PC ma poco più di una divertente chimera in quella dei videogiochi.
Potrebbe non essere abbastanza, però, perché la verità è che abbiamo un’azienda combattuta e forse un tantino stanca, e un’altra, molto più snella e per questo agile, desiderosa di investire in un settore tutto nuovo. Il nome di Amazon circola da tempo nel mondo del gaming: da un paio di anni si parla di un interessamento, anche con l’acquisizione di nomi importanti, alla piattaforma Android per lanciare una primissima console a basso rischio. Un progetto di cui oggi non si parla neppure più proprio per la sua natura di estrema sperimentazione.
Di recente fattura, invece, è il segnale dell’acquisto di Double Helix, discreto team che ha lavorato, tra gli altri, a Silent Hill: Homecoming e Killer Instinct, e che aveva fatto dell’indipendenza al servizio delle grandi una sorta di marchio di fabbrica.
Un passo evidentemente non ritenuto bastevole per un ingresso a tutto tondo, e col botto, nell’industry videoludica, bisognosa anch’essa di capitali e freschezza, e al contempo dell’infrastruttura, della stabilità economica garantita finora soltanto dalle tre sorelle.
Amazon come Apple, del resto, e non sorprende affatto che siano questi i due pezzi grossi a gravitare, da tempo e insieme a Google, pericolosamente intorno al nostro piccolo, per definizione nicchistico universo. Sarà giunta l’ora di aprirsi a qualcosa di diverso?