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Xbox One e DRM, i videogiocatori in rivolta

di • 30 maggio 2013 • Videogames, inc.Commenti (2)1490

Prima della presentazione ufficiale della nuova Xbox One, c’è stato un periodo in cui noi addetti alle news dedicate al mondo videoludico non facevamo altro che leggere in giro di videogiocatori preoccupati e, addirittura, terrorizzati dalle scelte che avrebbe fatto Microsoft per la sua console next-gen. Tali preoccupazioni sono state rivolte ad alcune delle principali features che avrebbe caratterizzato la nuova piattaforma, in primis il cosiddetto “always online” e il DRM. Su quest’ultimo potremmo scrivere un romanzo horror dai toni decisamente splatter, richiamando il più recente caso che ha coinvolto Blizzard e, precisamente, Diablo III. Ma sorvoliamo e veniamo al dunque.

Conferenza di Microsoft, il momento della verità. Sappiamo tutti com’è andata a finire. Microsoft parte in quinta mostrando la Xbox One in tutto il suo splendore, il cui design può piacere o no, ma ciò che davvero importa è l’incredibile potenza dell’hardware della console, il vero “lasciapassare” per la prossima generazione. Si passa dunque a parlare del nuovo software della console, che la renderà la piattaforma multimediale per eccellenza, grazie all’accessibilità garantita da Kinect 2.0 e dai numerosi servizi di Xbox Live. Il tempo rimanente prima che cali il sipario si consuma in fretta con l’annuncio di Forza Motorsport 5, il nuovo e promettente engine di EA Sports e il tanto discusso Call of Duty: Ghosts. Fine. Prossimo appuntamento all’E3.

Ma allora questo always-online? Nessuno ha nominato il DRM? Possiamo dormire sogni tranquilli? Nein! Ehm, no.

Il post-Xbox Reveal è stato dedicato alla stampa, alle foto e alle interviste. O sarebbe più corretto parlare di interrogatori?

Concluso l’Xbox Reveal, le ore successive sono state dedicate interamente alla stampa invitata alla conferenza, che ha potuto scattare valanghe di foto alla nuova console e intervistare i dirigenti di Redmond. Ma quali sono state le domande più gettonate? Ovviamente quelle inerenti alla questione DRM. Il caos che ha seguito la fine della conferenza non è dovuto tanto alla delusione dei fan dinnanzi all’assenza di giochi o di novità di spicco, quanto piuttosto alle risposte date da Microsoft in merito al problema dei giochi usati sulla nuova console.

Infatti il colosso di Redmond non ha fatto altro che alimentare la confusione sul caso “Xbox One e always-online” e, a distanza di poco più di una settimana dall’evento, tutto ciò che abbiamo è una manciata di dichiarazioni provenienti dai piani alti del gruppo Xbox, precisamente da Phil Harrison e da Larry Hryb (meglio conosciuto come Major Nelson), per non parlare delle informazioni rilasciare da alcuni membri del supporto tecnico di Xbox via Twitter.

Seppure con qualche dettaglio in più o in meno, ognuno sostiene quanto segue: Xbox One richiederà una connessione a internet per far funzionare i giochi, attraverso un sistema di autenticazione delle licenze a essi allegate. L’incubo dei videogiocatori è diventato realtà.

Ciò non significa che la console dovrà essere connessa permanentemente a internet, ma necessiterà periodicamente del collegamento alla rete per verificare la validità della licenza di ogni gioco che possediamo, senza la quale non possiamo utilizzare il prodotto su Xbox One. Si tratta chiaramente di una soluzione mirata alla lotta al mercato dell’usato, che da diversi anni viene visto come la più grande minaccia per coloro che si occupano della distribuzione dei videogiochi.

Quanto consegue è la diffusione di una notizia che riguarderebbe una “tassa” che il videogiocatore dovrà pagare per utilizzare un gioco usato o che evidentemente gli è stato prestato da un amico. Si è vociferato non poco sul prezzo di questa cosiddetta “activation fee”, che supererebbe di gran lunga il costo dei tristemente popolari Season Pass, uguagliando quello di un gioco completo. Ma quanto potrebbe avere senso tutto ciò? Beh del resto non è che la questione in sè ne abbia, finora.

Cosa succederebbe se in futuro volessi rivendere un gioco per Xbox One?

Ma attenzione, altre voci di corridoio sembrano smentire l’esistenza della activation fee per l’utilizzo dei giochi usati, che nasconderebbero un sistema ancora più complesso e ingegnoso per la loro compravendita presso i punti vendita specializzati.

Quando l’utente si recherà in negozio con il suo gioco bello spolpato, il commesso ritirerà il prodotto e lo registrerà attraverso un’apposita infrastruttura messa a disposizione da Microsoft per il retailer. Una volta registrato il gioco come “venduto” nel database, la licenza che è stata inizialmente associata al nostro account Xbox Live per permetterne l’utilizzo sulla console verrà automaticamente disattivata. Ciò spiegherebbe anche la necessità di Xbox One di connettersi ogni TOT ore per verificare la possessione da parte nostra di tali licenze legate al nostro profilo di gioco.

Ora la domanda sorge spontanea. Perchè tutto questo? La risposta è semplice: guadagno. Una volta ritirato il gioco del cliente, il rivenditore potrà stabilire un nuovo prezzo per il prodotto, ma solo in accordo con il publisher del gioco e con la stessa Microsoft, che otterranno una percentuale del prezzo di vendita. In tal caso ad andarci a perdere non è il videogiocatore, che può risparmiare la solita manciata di Euro per un gioco usato, ma il rivenditore, la cui libertà sul controllo del prezzo è limitata dall’editore e da Microsoft, ai quali dovrà devolvere parte del ricavato.

Questo macchinoso sistema renderà il mercato dell’usato sicuramente meno dannoso nei confronti dei publisher e dei produttori dei giochi, che potranno finalmente guadagnare sulla vendita di giochi di seconda mano. Si tratta di un compromesso accettabile che risolverebbe uno dei più grandi problemi che affliggono queste aziende negli ultimi anni. Tuttavia rientriamo ancora nel campo dei rumors e rimangono pur sempre informazioni provenienti da fonti non ancora accertate, ma se queste dovessero essere confermate da Microsoft, come agirà Sony di conseguenza?

Con l’enorme trambusto generato dalla comunità di videogiocatori che si è espressa contro il fenomeno del DRM, con particolari riferimenti a Xbox One, su alcune testate specializzate si è diffusa la voce riguardante un sistema anti-usato che Sony avrebbe avuto intenzione di adottare su PS4, idea che avrebbe poi accantonato in seguito alle dure reazioni degli utenti ai danni di Microsoft.

E se anche Sony stesse tramando qualcosa? Intanto la comunità interviene con #PS4noDRM.

A mettere in dubbio le “buone intenzioni” di Sony è il buon vecchio Geoff Keighley, giornalista di GTTV molto attivo nel settore, che, durante l’ultimo servizio in cui era in visita presso il QG di Microsoft in occasione della presentazione di Xbox One, ha dichiarato:

“[...] Le società delle console stanno diventando i cattivi. E, come vedete, Microsoft ne paga le conseguenze. Penso che Sony sia visto come una sorta di cavaliere bianco, che non ha intenzione di limitare il mercato dei giochi usati. Basandomi su ciò che ho sentito dire, penso che non sia del tutto vero, perchè non riesco a immaginare i publishers che consentano a un sistema di fare una cosa e ad un altro di fare diversamente.”

Keighley non sembra avere tutti i torti nel momento in cui mette in gioco i publishers e la loro influenza su Microsoft e Sony, ma se sapesse davvero qualcosa in più in merito alle vere intenzioni del colosso nipponico? Sony aveva realmente pianificato per PS4 un sistema analogo a quello che potremmo trovare su Xbox One?

Intanto sul forum di NeoGAF migliaia di utenti si riuniscono per dar vita a #PS4noDRM, un vero e proprio movimento il cui scopo è convincere i dirigenti di Sony a non intraprendere il sentiero oscuro del DRM e della lotta al mercato dell’usato. Tra i destinatari che ricevono ogni giorno su Twitter disperati cinguettii con il suddetto hashtag troviamo diverse personalità molto influenti all’interno dell’azienda, tra cui Shuhei Yoshida, CEO di Sony Worldwide Studios. Quest’ultimo ha recentemente pubblicato un curioso tweet. Yoshida born to Troll?

“”Death Ray Manta” coming to PlayStation Vita!”

Io non mi stupirei se Sony decidesse di affiancarsi alla sua rivale nella decisione di introdurre un sistema del genere sulle console next-gen. L’industria videoludica è in continua espansione e come tale necessita di cambiamenti, cambiamenti che comportano talvolta dei sacrifici, sacrifici che dovranno essere accettati sia dall’azienda che dalla stessa comunità di videogiocatori. Certo, ne risentirebbe l’immagine della società e del loro prodotto, ma come Keighley ci ha già fatto notare, Microsoft sta già pagando il duro prezzo.

Ma allora i veri “cattivoni” chi sono? Le aziende che ricorrono a questi compromessi per salvaguardare i propri profitti o i videogiocatori, pronti come sempre a puntare il dito in presenza del primo errore commesso? A voi l’ardua sentenza.

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  • Alessandro

    Direi che la pirateria vedrà tempi difficili!

  • edo

    quindi uno non può vendere un gioco per i fatti suoi, deve per forza passare da un intermediaro che gli disattivi la licenza?