Come se lo spiacevole insuccesso della nuova via di Dead Space 3 non fosse bastato a ledere il nome di Visceral Games, ecco arrivare Army of Two: The Devil’s Cartel. Parliamoci chiaramente: Army of Two non è mai stato uno di quei franchise sfavillanti e, a dire il vero, stento a capire come abbia fatto ad arrivare al terzo capitolo in una sola generazione. Non è mai stata particolarmente brutta, ma non è neanche stata una di quelle serie per cui vale la pena spendere sessanta/settanta bigliettoni così, sull’unghia (che razza di unghia hai? ndPS).
Mosso da un Frostbite 2 al limite della decenza, The Devil’s Cartel rimpiazza i vecchi protagonisti con due generici Alpha e Bravo. Siamo in Messico e il nostro compito è quello di estirpare l’organizzazione criminale conosciuta come La Guadana. In un tripudio di dialoghi tamarri e non-sense, ci accorgiamo subito che la questione è abbastanza bollente e altrettanto scontata da giustificare l’alto tasso di violenza e proiettili che andremo a sparare.
Messa da parte la storia e la non-profondità dei personaggi – a quanto pare voluta dagli stessi sviluppatori per un’immedesimazione più efficace (?) – ci troviamo di fronte ad uno shooter che fa dello sparare senza motivo il suo dogma. Circa otto ore di spara, copriti, corri, spara, copriti dal punto A al punto B incentivati dalla barra Overkill, la novità del terzo capitolo che permette di sommare i danni e le uccisioni per ottenere invincibilità, proiettili infiniti e più distruzione per una temporanea e violenta dose di kill “stilose”. Una possibilità che viene prolungata e proposta in slow-motion se attivata da entrambi i giocatori.
Parlo di giocatori perché, anche se in modo più blando e forzato rispetto al passato, il perno di Army of Two: The Devil’s Cartel è sempre la cooperativa a due. Una cooperativa che sembra l’unico motivo valido per considerare l’acquisto del titolo e che purtroppo, anche dopo tre capitoli, non è stata ancora raffinata da un sistema di drop-in/drop-out. Ed è così che, nel bel mezzo di una confusionaria battaglia, si può venire avvisati dell’interessamento di un utente alla partita, premere per sbaglio lo stesso tasto adibito alla copertura ed essere catapultati all’inizio della sezione, perdendo automaticamente tutti i progressi.
L’ho definita blanda questa co-op perché è stata privata di tutte le interazioni precedentemente introdotte. Niente false rese, niente azioni spalla a spalla, niente utilizzo di ostaggi: entrambi i giocatori devono solo andare avanti e sparare.
Avrà pure i suoi momenti con picchi interessanti, ma anche l’uccidere senza motivo dovrebbe avere una varietà di nemici e location dal gusto differente. E Invece niente: bisogna agire sempre in ambientazioni che non fanno nulla per rendersi originali e dal map design diverso, contro lo stesso pattern di brutti ceffi, fino allo sfinimento.
Ci sono anche difetti tecnici, mancanza di feedback audio (utile a dare l’impressione di avere in mano delle armi potenti almeno quanto i danni che producono) e un’intelligenza artificiale poco convincente ad aggravare la situazione della produzione Electronic Arts. Insomma, c’è la sensazione che, se proprio si dovesse fornire un tipo di esperienza frenetica e spensierata, si poteva fare di più almeno per confezionare un prodotto pulito e con delle meccaniche di gioco migliorate.
Il problema di The Devil’s Cartel è che sembra messo su con la fretta e la poca attenzione di chi vuole battere il chiodo (e mi riferisco all’attuale generazione di console) finché è caldo. Chissà se il tempo darà ragione ai metodi scelti da Electronic Arts, ma intanto questo Army of Two potete aspettarlo al varco del cestone delle offerte, quando, rigorosamente insieme ad un amico con cui chiacchierare su Xbox Live, avrete poco altro da fare. Ma la domanda rimane: con in giro Gears of War: Judgment, ne avevamo proprio proprio il bisogno?
Army of Two: The Devil’s Cartel è disponibile per Xbox 360 e PlayStation 3 dal 29 marzo.