Red Dead Redemption

Calma e sangue freddo, c’è Red Dead Redemption

di • 27 dicembre 2012 • Videogames, inc.Commenti (0)1169

I benpensanti, quelli che vanno sempre controcorrente, dicono a scapito di ogni retorica che sì, l’apparenza, il primo impatto è l’unica cosa che conta. Che basta uno sguardo per conoscersi, per capirsi al volo, e che questo vale sia per le persone che per le opere d’arte. Siccome novero (anche) i videogiochi nell’elenco delle “opere d’arte”, estendo il ragionamento a Red Dead Redemption, un titolo che dice tutto di sé nella cut-scene d’introduzione.

Il free-roaming di Rockstar Games mi è stato regalato in edizione Game of the Year – quella che include anche Undead Nightmare e gli altri DLC sinora pubblicati – proprio qualche giorno fa in occasione del mio compleanno. Già, non ci avevo mai giocato: come mi capita spesso, l’avevo atteso con la bava alla bocca e per chissà quale diavoleria d’impegno terreno me l’ero lasciato sfuggire in quel dannato maggio 2010.

No, non sarà John Marston il protagonista di GTA V…

Ma ora eccomi qui, pronto a rimediare e a parlarvi, aggiungendo altro inchiostro a quanto ne abbiamo già speso, di questo mio “primo impatto” col gioco, che ha davvero fatto scattare la scintilla. Intendiamoci: il nuovo Red Dead non mi sembra reinventare la ruota, anzi, non fa altro – come se fosse poco – che spingere al massimo le capacità di Rockstar nell’open world e porle in maniera del tutta inedita (forse Gun l’aveva accennato) nel vecchio, selvaggio West. Ciò che mi ha colpito non riguarda il gameplay vero e proprio ma, lo dice anche il titolo di quest’articolo, la calma e il sangue freddo con cui lo studio di San Diego è riuscito a gestire la narrazione delle vicende di John Marston.

La cut-scene d’introduzione – il primo impatto – la dice lunga: sarebbe stato lo spezzone ideale da ritagliare per una demo, tant’è la tranquillità che sa trasmettere al giocatore. “Stai sereno”, sembra sussurrare, “prima di venti, trenta ore non ti libererai di me”. E non è cosa da poco, ragazzi. Al giorno d’oggi pare che tutti, sviluppatori compresi, vadano di fretta e non a caso elogiavo lo storytelling di Black Ops II che dopo anni ha dato una dignità letteraria simile a un Call of Duty. Ci vogliono pazienza, ritmo, cadenza, tutte cose che RRR propone in una scena che, finalmente e lo dico da discreto appassionato delle voci narranti, a queste rinuncia senza far parlare il protagonista.

A parlare, come in un film d’autore, sono gli attori non protagonisti, quelli che compongono lo scenario e forniscono informazioni – mica bruscolini – su ciò che accadrà di lì a poco, sul tempo in cui è ambientato il gioco, sui personaggi di rilievo e tanto altro. Il tutto mentre i titoli di coda soavemente scorrono e tentano quasi di distrarre i palati meno fini. Non so se ho mai assistito a scene del genere nel mondo dei videogiochi, e questo da un lato mi entusiasma, dall’altro mi rattrista.

Mi toccherà aspettare GTA V per rivivere queste sensazioni?

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