Recensione – Silent Hill: Homecoming (Xbox 360)

di • 8 marzo 2009 • RecensioneCommenti (0)1005

Titolo: Silent Hill: Homecoming
Genere: Survival Horror
Piattaforma: Xbox 360
Sviluppatore: Double Helix Games
Publisher: Konami
Data di uscita: 27 Febbraio 2009

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Homecoming: ritorno a casa; poche cose nella vita destano sensazioni tanto forti quanto quelle suscitate dal ritrovare le proprie radici. Un’emozione che in piccolo viviamo tutti i giorni, e ha il pregio di essere gratis. Non siamo particolarmente sicuri che queste immagini di benessere possano essere tirate in ballo quando la propria città natale è una collina nebbiosa e silente; soprattutto quando il biglietto di ritorno costa i suoi bei 60 e rotti euro.

Tantomeno ci risulta possibile che, quando ci assentiamo per mesi o magari anni da casa, al nostro ritorno tutto sia più o meno immutato. Ma è questo il primo impatto quando lanciate il DVD di Silent Hill: Homecoming sulla vostra console: déjà vu misto a uno sottile sconcerto. Vi basteranno pochi secondi dell’intro per sentirvi stranamente proiettati indietro nel tempo, stupiti, perché non pensavate di aver acceso una PlayStation 2. Tutto sembra così fuori posto, fuori dal tempo, anche se non necessariamente brutto, sgradevole; purtroppo è una sensazione che vi accompagnerà per tutto il gioco.

[img alt='Cari ricordi.']/immagini/Giochi/category1660/picture87468.aspx[/img]

Sono le 2:06. Per sempre.

Perfino gli orologi del gioco si sono fermati a una simbolica ora, ma se nella trama la cosa può avere il suo senso, nel mondo reale otto anni di progresso dell’industria del videogame hanno avuto un certo peso. Riteniamo che anche il più accanito fan della serie scorgerà troppe rughe sul viso di questo prodotto, nato già vecchio. Per la Double Helix Game si direbbe che il salto alla next-gen sia stato poco più che un miglioramento delle texture; quando si vedono, visto che buona parte del tempo si trascorre girovagando in una nebbia meno credibile di quella della versione PS2, e la restante in ambienti così bui da provocarvi perdita di diottrie, più che paura. Silent Hill: Homecoming graficamente ha ben poco da dire, se pensiamo a ciò di cui è capace la 360 quando adeguatamente spremuta. Persino imbarazzante seguire le cut-scenes gestite probabilmente dallo stesso motore di Silent Hill 2, con personaggi della stessa vitalità di un pesce spada a trance sul banco del pescivendolo. Non meglio le animazioni in gioco, alquanto meccaniche, appena tollerabili.

[img alt='Di nuovo tu... ma non dovevamo vederci più?' align='center' width='400']/immagini/Giochi/category1660/picture85631.aspx[/img]

Ritorno al futuro

Nei nostri sogni il ritorno a Silent Hill, posto che qualcuno mai avesse voluto tornarci, specialmente dopo viaggi come SH3 e SH4, era decisamente più glorioso, condito da nuovi orrori e possibilità; ma nulla di tutto ciò è avvenuto: non soltanto la grafica è stata poco più che abbellita, ma anche il gameplay ha mantenuto ogni sua prerogativa, nel bene e nel male. Il gioco si dipana su binari tristemente lineari, mostrandovi decine di porte e opzioni, salvo poi precludervi ogni possibilità al di fuori di quelle funzionali allo sviluppo della trama. Alla ventesima porta dalla serratura rotta o bloccata, credo anche voi imprecherete. L’intera ambientazione è troppo fine a sé stessa, priva di una vera interazione a parte i pochi oggetti utili per l’inventario o per il diario, che infatti brillano come diamanti nel letame. Classica anche la trama, ma non vi anticipiamo altro, a parte segnalarvi che sembra piuttosto slegata nel suo svolgimento; al suo interno i classici puzzle, alcuni davvero beoti, altri poco più impegnativi.

La parola back-tracking vi dice niente? Beh, come ogni titolo del genere, anche qui avrete la vostra buona dose di insoddisfazione nel percorrere invano chilometri di mappa, forzati dallo sviluppo della trama. In altri giochi la cosa è gestita con intelligenza, qui non particolarmente. Pollice verso anche per il menu in-game, discretamente lento e disfunzionale nella sua gestione via stick, che crea alcuni problemi nei momenti di agitazione. Fortunatamente, seppur poco realisticamente, il menu mette in pausa l’azione, salvandovi da maggiori ambasce.

[img alt='Casa dolce casa.' align='center' width='400']/immagini/Giochi/category1660/picture85611.aspx[/img]

Una sola cosa salviamo di questo Silent Hill: la paura, ma anche questa viene da lontano. Nulla di nuovo sotto il sole insomma: quelle dannate infermiere, oggi come otto anni fa, popolano i nostri incubi, alla stessa stregua di altri personaggi minori. Direte che la paura è fondamentale in un survival horror, e ne conveniamo, ma non può salvare l’intera baracca.

Silent Hill: Homecoming può essere definito una malcelata operazione commerciale sull’onda del successo del film, decisamente più meritevole, ai danni dei fan sempre ansiosi di nuovi prodotti, ma non abbastanza ciechi da accettare passivamente la pochezza di quanto offerto. Almeno crediamo.

Valutazione generale

Presentazione 6.1
L’introduzione è il primo segnale di cosa sta per succedere, pur non essendo malvagia in senso assoluto. I menu imparerete a sfruttarli, ma definirli funzionali è esagerato.

Grafica: 6.3
Ancora più difficile valutare un prodotto così scarno dopo aver fatto la bocca a veri capolavori, anche di recente. Eppure la grafica non è uno scempio, solo estremamente povera, minimalista; e le animazioni tristemente adeguate.

Sonoro: 6.5
La musica è da sempre un elemento fondamentale nella riuscita di un ambiente horror, e bisogna riconoscere il buon esito di questa colonna sonora, peraltro non memorabile, anzi con alcune note stonate.

Gameplay: 5.5
Quantomeno invecchiato male; le sensazioni dominanti sono la frustrazione e la noia. Vi abbiamo già parlato dei numerosi bug che affligono alcuni livelli?

Longevità: 4
Finitelo una volta, magari due per gli obiettivi; e sarà già da maneggiare con cura, come un rifiuto radioattivo.

Multiplayer: n.p.
Cosa?

Voto complessivo: 6.2

Bentornato. Ora che sei di nuovo a casa, tesoro, assicurati di non mettere il naso fuori dal portone mai più, a meno che tu non abbia qualcosa di veramente nuovo, importante da dirci.

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