Recensione – F.E.A.R. 2: Project Origin (Xbox 360)

di • 27 febbraio 2009 • RecensioneCommenti (0)859

Titolo: F.E.A.R. 2: Project Origin
Genere: FPS/Horror
Piattaforma: Xbox 360
Sviluppatore: Monolith Productions
Publisher: Warner Bros. Interactive Entertainment
Data di uscita: 13 Febbraio 2009

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"Chi ben comincia è a metà dell’opera" e "non c’è due senza tre" sembrano proverbi che ben si adeguano all’attuale condizione di Monolith Productions. Autrice dell’ottimo F.E.A.R., nato prima su PC, passato poi sulle console di nuova generazione, la software house americana gode ancora del momentum sorto alla nascita della serie, che stava per spegnersi a causa di spin-off poco ispirati (affidati dall’ex publisher Vivendi a team esterni) e che vedrà, presumibilmente, lo sviluppo di ulteriori capitoli in futuro.

F.E.A.R. 2: Project Origin segue assai da vicino, sul versante storia, il sentiero tracciato dal primo episodio, fino a diventarne la naturale evoluzione. Le vicende riprendono, infatti, dal finale di F.E.A.R., da quell’imponente esplosione che ha devastato la città di Auburn. Vestiremo i panni di Micheal Becket, agente della squadra Delta Force incaricato di fare irruzione negli uffici Armacham per catturare – viva o morta – Genieve Aristide, direttrice della compagnia e responsabile del progetto che ha trasformato Alma Wade in un essere mostruoso.

[img alt='Il Progetto Origine, in cui Alma è usata come madre di uomini geneticamente modificati, segue Perseus, altra sperimentazione nata per controllare soldati cloni']/immagini/Giochi/category1702/picture83179.aspx[/img]

La trama in sè, l’avrete notato, esige un dazio che non ci saremmo aspettati di dover pagare: il gameplay viene trascinato nella pura azione, limitando gli elementi horror – un tempo prevalenti – a sezioni ristrette e pressochè banali. E’ evidente che la sola bambina dai capelli lunghi non basta da sola a reggere l’intero reparto narrativo, tra l’altro già balbettante di suo per l’assenza di cut-scenes: in questo modo ci ritroviamo a fare i conti con le già viste visuali sbiadite, le allucinazioni e questo candido fantasma che, forte di una potenza disumana, farà di noi ciò che vorrà…senza ucciderci. Alma non rappresenterà mai una vera minaccia per il giocatore e questo limite, a prima vista irrisorio, ridurrà di molto la tensione e il timore scaturito dalla sua presenza.

L’indole da sparatutto riemerge totalmente nelle sei modalità per il multiplayer online, divise tra deathmatch e varianti a squadre che poco lasciano alla componente horror e molto, invece, a quella survival: sarà necessario, infatti, creare il proprio personaggio e dotarlo – previo pagamento virtuale – di armi e protezioni piuttosto costose. La longevità ringrazia, anche se la campagna in solitaria non pecca particolarmente su questo versante.

[img alt='Intelligenza artificiale di ottima fattura, i nemici cercheranno riparo e si copriranno a vicenda in un contesto grafico appagante' align='center' width='400']/immagini/Giochi/category1702/picture83174.aspx[/img]

Graficamente, l’ultima produzione di casa Monolith offre un impatto eccezionale, frutto dell’utilizzo di numerosi filtri – antialiasing e motion blur in primis – che coprono le magagne e garantiscono all’immagine una fluidità molto piacevole a vedersi. Una sorta di effetto Killzone, oseremmo dire, che se da un lato propone un eccellente first-look, dall’altro delude per la qualità altalenante delle texture e delle ambientazioni; queste ultime, ben ricoperte di oggetti dotati di fisica propria, sono numerose ma non spiccano quasi mai per originalità. Il frame-rate è piuttosto saldo sui 30 fps e crolla solo in occasione dei salvataggi: una pecca, già sottolineata per alcuni titoli, che non inficia l’esperienza di gioco. Spesso vedremo il nostro personaggio uscire, in scioltezza di animazioni, dalla classica visuale in prima persona per saltare ostacoli o coprirsi con qualunque cosa sia presente nello scenario – per lo più tavolini: la gradevole interazione con l’ambiente si sarebbe spinta verso la perfezione con un sistema di copertura à la Gears of War (e tanti altri, citiamo l’esempio più eclatante) che, forte dello switch in terza persona, avrebbe garantito una maggiore naturalezza dell’azione.

Veniamo al reparto audio. Le musiche, da sempre fattore chiave per poter "spaventare" l’utente, deludono perché rientrano nel solito catalogo standard che riesce solamente ad accompagnarci verso la prossima sparatoria; lo stesso discorso non vale per il sonoro ambientale, il quale felicemente si inserisce nelle meccaniche di gioco e trasporta l’utente, specie se dotato di un grande impianto acustico. Soddisfa il doppiaggio in italiano, di buona qualità e fondamentale al fine di seguire l’intricata trama.

[img alt='Niente paura' align='center' width='400']/immagini/Giochi/category1702/picture83178.aspx[/img]

Un discreto mix tra fattori forse inconciliabili, come la cultura dell’horror giapponese e lo sparatutto made in USA, rende Project Origin una sperimentazione conservatrice. Rimproveriamo al developer la scarsa audacia nel pigiare il tasto "paura" e l’eccessiva fiducia in un mercato che premia troppo spesso l’azione a discapito della riflessione. Che, quando c’è, appare confusa e aggiunta quasi in un secondo momento.

Valutazione Generale

Presentazione: 7.5
La semplicità è la chiave del successo. E i diversi menù di Project Origin, fatta eccezione per il confusionario PDA, raggiungono l’obiettivo.

Grafica: 8.5
La pulizia del reparto grafico e la scioltezza delle animazioni sorprendono, ma non premiamo i filtri a dispetto delle texture, dell’ambientazione monocorde e della modellazione piuttosto blanda.

Gameplay: 7.2
Chi troppo vuole, nulla stringe. Il passaggio da horror pressoché senza artiglieria a sparatutto in stile Rambo non ha favorito il nostro giudizio in merito; soddisfacente il numero di armi, trito e ritrito il bullet time che vi salverà spesso la pelle.

Sonoro: 7
Musiche che sanno di dejà-vu si alternano a suoni ambientali (come porte che si chiudono violentemente) di prim’ordine. Utilissimo il doppiaggio in italiano.

Longevità: 8
La campagna in single-player dura quanto basta, il gioco online si presenta quale decente alternativa allo strapotere dei soliti noti.

Multiplayer: 7.5
Completamente un altro titolo in rete. Sei modalità, tra cui i classici Deathmatch in singolo e a squadre, più l’originale Fronte Armato che faciliterà il gioco con gli amici. Fortunatamente, manca una modalità cooperativa.

Voto Complessivo: 7.9

F.E.A.R. 2: Project Origin va preso così com’è: un buon first-person shooter che, nel momento in cui tenta di diventare horror, manca di quella forza tale da far gridare al miracolo. Miracolo che, eccezion fatta per il comparto grafico nelle prime sessioni di gioco, puntualmente non si verifica e relega l’ultima fatica Monolith nei tanti more of the same della corrente generazione.

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