Borderlands 2

Il culto di Borderlands 2

di • 14 ottobre 2012 • RecensioneCommenti (0)2833

Fratelli e sorelle, siamo qui riuniti per scoprire il segreto di Borderlands 2: per capire cosa effettivamente si celi dietro il culto della serie Gearbox. Qualcosa che ho trovato incomprensibile nel primo episodio e che, ahimé, ho colto nel suo seguito – in cui, con l’aiuto del solito Claptrap e dei vecchi protagonisti, un nuovo cacciatore della Cripta dovrà impedire al cattivone di turno di mettere le mani su Pandora.

Borderlands 2 è un loot and shoot, come piace definirlo agli sviluppatori texani. Questo significa che se non vi piace sparare e raccogliere bottini sempre diversi (e con sempre intendo sempre), il titolo 2K non fa proprio al caso vostro. Sì, ha una componente ruolistica da individuare negli immancabili e anche ramificati aggiornamenti al protagonista; ha mappe di dimensioni ragguardevoli da esplorare e mettere sottosopra; ha persino dei personaggi folli al punto da risultare simpatici. Ma il leit-motif del gioco è: spara-ammazza-raccogli il drop. Stop. E scusate la rima.

Il punto, dunque, non è questo. Le ragioni che spingono a giocarci dimenticandosi degli orari, degli appuntamenti pregressi, addirittura di FIFA 13 sono ben altre. Nel primo Borderlands, l’avrete intuito, non le avevo colte; nel secondo, pare, ci sono riuscito.

Quest facilmente tracciabili –  Sono un giocatore molto particolare, lo ammetto. Voglio esperienze elaborate che non mi portino via troppe energie e tempo, per questo, da amante degli RPG, non disprezzo i titoli story-driven e un tantino lineari come Alan Wake. Skyrim? Fantastico ma, naturalmente, non l’ho finito: troppo grande, sebbene più piccolo e un tantino più guidato dei predecessori. Deus Ex: Human Revolution? Spettacolare ma troppo lungo, dopo un po’ anche i giochi, come gli ospiti e il pesce, iniziano a puzzarmi. Iniziate a capire? Il segreto di Borderlands 2 sta proprio nella facilità almeno apparente con cui si procede nell’avventura. Le diciture “Capitolo 1”, “Capitolo 2” e così via sono una manna dal cielo per il sottoscritto, perché impostano su binari acclarati un viaggio altrimenti dispersivo; le sottoquest, le tantissime sottoquest mantengono vivo il senso di ampiezza che non si butta di certo via; le quest principali sono facilmente tracciabili: non bisogna passare ore ed ore solo a cercare il punto in cui attivare le missioni. Una volta arrivati, sta solo al giocare risolverle o meno, approcciarvisi in un modo piuttosto che in un altro.

E qui arriviamo ad un altro aspetto che mi ero perso del primo episodio, o che magari lì non era così evidente: l’ispirazione a BioShock, in particolare a BioShock 2. Gli Psycho sono i Ricombinanti, il massacro à la Rambo non è l’unica soluzione (l’alternativa stealth è talvolta da prendere in considerazione), il villain, Jack il Bello/Sophia Lamb, comunica con il protagonista per tutta la durata dell’avventura fino allo scontro finale. L’unica differenza sta nel fatto che Jack è cattivo e lo sa, l’idea di portare l’ordine su Pandora è finalizzata alla sua sete di potere e denaro, mentre la Lamb  è, o almeno sembra, “semplicemente” una pazza scatenata con la sua utopia da concretizzare.

Le ambientazioni vanno dai deserti alle lande ghiacciate, passando per interni che fanno tanto mix di steampunk e post-apocalittico: si potrebbe dire che sono messe lì "alla cazzo de cane" (per fare citazioni colte), ma la varietà delle location è ben accetta e sorprendente

La parola d’ordine è: varietà – Chi ha buona memoria ricorderà che il primo Borderlands è un susseguirsi di azioni ripetute all’infinito. Il concetto dello shoot and loot non solo era portato alle estreme conseguenze, ma si fondava su basi alquanto povere, specie se considerate nell’accezione single-player: nemici tutti uguali, situazioni monotone, ambientazioni riciclate. L’unica vera particolarità stava nel meccanismo di produzione automatica delle armi, con cui il gioco era capace di proporre di volta in volta arsenali nuovi e dunque di tenere incollati allo schermo (solo) gli appassionati del drop selvaggio – quelli che vanno all’endgame tre o quattro volte e non sono ancora sazi, per intenderci. La parola d’ordine nello sviluppo di Borderlands 2 è perciò stata “varietà” e i risultati sottilmente si vedono: il fulcro dell’esperienza è sempre da puro sparatutto ma, tra un assalto al fortino e l’altro, vanno segnalate delle quest secondarie in cui non bisogna necessariamente sparare (trasporto di oggetti e via dicendo) e un curioso stratagemma per il quale, pure all’interno delle missioni principali, filtra la sensazione di stare facendo qualcosa di diverso. Questo consiste nel far compiere delle piccole azioni, come il “prendimi l’Eridium” di Aquila di Fuoco, per restituire un’idea di utilità al di là del semplice sparo ergo sum. Uno strategemma, ecco. Non so quanto fosse lecito aspettarsi di più.

Qui potete notare il buon numero di skill con cui potete personalizzare il vostro personaggio, naturalmente in piena coerenza con il personaggio, o meglio la classe, scelto

Due parole sulla personalizzazione del protagonista. Com’è ormai abitudine, Borderlands 2 presenta quattro classi diverse, ognuna con le proprie caratteristiche che, a dirla tutta, non precludono la strada a qualunque tipo di approccio – la semplificano o la complicano. Nel mio walkthrough ho scelto l’assassino Zero, un tipo in grado di far valere la sua “assenza”, i suoi silenzi, più di mille proiettili sparati in aria e parole. In tutta franchezza, l’ho fatto tanto per non scegliere ancora una volta il Gunzerker e non che me ne sia pentito, ma spero soltanto di trovare altre skill “magiche” lungo la strada. Altrimenti si farà davvero dura. La personalizzazione di ciascun personaggio si articola in tre quadri e permette di potenziare il combattimento corpo a corpo, quello a mano armata e l’ultimo con le tecniche tipicamente pandoriane (come l’invisibilità momentanea, per dirne una). A questo vanno aggiunti il mercato nero, dove acquistare con il prezioso Eridium gli upgrade necessari per migliorare zaino/cassaforte/caricatori – un ottimo espediente per renderci la vita più facile -, e i gettoni derivanti dalle tante sfide portate pure involontariamente a termine lungo il cammino. Direi che, insieme alle buone meccaniche da FPS, questo aspetto è tra i più riusciti della produzione e uno dei motivi che potrebbe spingervi ad acquistarlo.

Tiriamo le somme, allora. Consiglio senza mezze misure Borderlands 2 a chiunque abbia giocato il primo: l’esperienza di quest’ultimo è stata raffinata, ampliata e talvolta concentrata per rispecchiare le aspettative di gente che, come il sottoscritto, fatica a trovare il bandolo della matassa, ma nulla dell’essenza, chiamiamola così, “cazzara” originale è andato perduto. A chi ha provato il predecessore e ne ha un brutto ricordo, suggerisco di riflettere bene sui motivi che l’hanno portato a disprezzare la serie e a leggere la mia Opinione prima di scartare definitivamente l’idea di portarselo a casa. Dovesse convincervi, non sono previsti rimborsi.


Sviluppato da Gearbox Software e pubblicato da 2K Games, Borderlands 2 è disponibile per PC, PS3 e Xbox 360 dal 21 settembre

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