Binary Domain

Binary Domain non è Gears of War, per fortuna

di • 15 marzo 2012 • RecensioneCommenti (2)2196

I cyborg sono in grado di muoversi anche senza gli arti inferiori. Occhio alle spalle!

Binary Domain non è l’ennesimo clone di Gears of War. Sembrerà una banalità, ma di questi tempi, quando si parla di sparatutto in terza persona, è già un bel traguardo. Specialmente se si pensa alla sua terra d’origine, quel Giappone che non ha paura d’ammettere la sua crisi creativa e che in Toshiro Nagoshi, ideatore della serie Yakuza, ha trovato la persona adatta per un’operazione di certo non semplice: imitare la trilogia di Epic Games e mostrare al contempo una buona personalità. C’è riuscita, SEGA, aggiungendo al mix un tocco di Dead Space e una spruzzatina (non di più) di Mass Effect.

Siamo a Tokyo, nel 2080. Il design è tipicamente cyber-punk e in alcune circostanze la mente vola a Blade Runner. Non è casuale l’accostamento alla pellicola di Ridley Scott: i nemici di Binary Domain non sono Locuste, né alieni, ma cyborg. E sono incredibilmente… belli. Sì. Un character design che non ha nulla da invidiare a quello dei robot di Io Robot o alle migliori macchine sterminatrici di Terminator. Molteplici, insomma, le citazioni cui l’opera SEGA si presta a una prima occhiata.

La sostanza, poi, è un gameplay tipicamente third person shooter. C’è il sistema di copertura, lo scatto, il quadrante per selezionare le armi. Eppure la sensazione non è quella di giocare la copia nipponica di Gears of War. Il feeling è subito diverso e te ne accorgi quando Dan, il protagonista al comando della squadra R.U.S.T., si catapulta letteralmente per scavalcare il muretto appena usato come riparo, o quando la telecamera gli ruota intorno prima di rimettersi alle sue spalle, a seguito di una (delle tante) cut-scene. Il personaggio è, insomma, più leggero e slanciato di Marcus Fenix, e questo si ripercuote sul gameplay. Che non attinge solo dallo sparatutto di Cliff Bleszinski, ma anche dal survival-horror di Electronic Arts, dal quale prende in prestito il sistema di smembramento dei nemici per trasportarlo dai viscidi mostri della Ishimura ai lucidi robot umanoidi di Tokyo. Grilletto e mirino a portata di mano, è possibile puntare a singole parti del corpo dei cyborg (per guadagnare qualche punto in più da spendere in upgrades e medikit nelle stazioni di servizio disseminate lungo i livelli) o solo alla testa, così da mandarli in tilt e farli rivoltare contro i loro stessi compagni. E questo rappresenta, da solo, un passo non indifferente verso quell’operazione di differenziazione dal titolo Epic Games.

I boss giganti sbucano dalle macerie quando meno te lo aspetti e gli scontri sono sempre molto spettacolari, anche se un po' ripetitivi

Ma c’è dell’altro. C’è una squadra da gestire: all’inizio di ogni fase giocata è possibile scegliere i membri del proprio party e con essi intraprendere la missione, tra mech giganti nel centro di Tokyo e sequenze spettacolari (ma che nulla offrono al gameplay, se non appunto un briciolo di spettacolarità in stile Uncharted) a bordo di jet-ski, tra i tunnel allagati della vecchia metropolitana. Il rapporto con i compagni di squadra viene gestito attraverso un sistema che parte dai tipici comandi tattici durante gli scontri a fuoco (da impartire a voce, tramite headset o Kinect, ma anche via pad, la scelta al giocatore) fino ad estendersi ai dialoghi che, il più delle volte, fanno seguito ai combattimenti. Niente di troppo vicino a Mass Effect, sia chiaro, ma un passo avanti rispetto al colosso di Epic Games. Certo, nelle intenzioni di Nagoshi c’era qualcosa di più complesso: il modo in cui il giocatore porta avanti i dialoghi avrebbe dovuto plasmare i rapporti con gli altri team della squadra, tanto da influire sul loro grado di obbedienza. È così solo in parte, ed è un peccato. Perché è un sistema che sulla carta funziona e spesso anche nella pratica, ma non è abbastanza.

Non è abbastanza per fare di Binary Domain qualcosa in più di quello che già è: un ottimo sparatutto con una trama intrigante e con qualche momento “wow!”. E non c’è mica da lamentarsi. Anzi.


Sviluppato da Yakuza Studio e pubblicato da SEGA, Binary Domain è disponibile dal 24 febbraio su Xbox 360 e PlayStation 3.

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  • http://www.facebook.com/people/Enrico-Supertramp/100003565042913 Enrico Supertramp

    Mi ispira…ma prima ovviamente viene ME3

  • Valerio Campiglia

    Ho giocato demo e titolo completo, mi è piaciuto molto e credo che sia molto da consigliare per l’acquisto, aldilà dei commenti generali della critica del settore, che gli ha tagliato un pò le gambe.

    A fronte di una spesa dei canonici 59 Euro (o 69), ci si ritrova per le mani un titolo che comunque offre in compenso, una storyline più che buona, una buona grafica, un gameplay divertente e tutto sommato, anche una buona longevità, come fan dei TPS, lo consiglio, se non si è fan da TPS, non sò a quanti possa piacere.

    {mysweetjudas}