Dopo il discusso Too Human, che ho amato e del quale ancora attendo un sequel, posso dichiararmi ufficialmente deluso da Silicon Knights. La software house canadese, fortemente orientata al mito norreno nella sua ultima (e, ribadisco, apprezzata dal sottoscritto) produzione, ha accettato di dirigere i lavori sull’ennesimo tie-in videoludico di casa Activision. Fin qui nessun problema, avranno anche loro il diritto di racimolare contanti aspettando tempi migliori. L’atteggiamento che posso davvero definire deludente, in questa faccenda, non sta nell’essersi “venduti” al miglior offerente, ma nell’incapacità di dare la propria personalità – ammesso che ci sia, mi vengono parecchi dubbi in merito – a un titolo ben iniziato e mal finito. Per dirla in soldoni, mediocre.
Ed è nel mare della mediocrità che sprofonda Silicon Knights perché, concluso lo sviluppo di un prodotto che, come Too Human, ha saputo dividere critica e pubblico, ci si aspettava una prova di maggiore maturità. Una prova che non è giunta, almeno tecnicamente parlando, da X-Men Destiny, un rigido hack ‘n slash poco aperto all’epicità e a un qualunque abbozzo di trama. I ragazzi di St. Catharines, Ontario hanno rinnegato un passato opinato ma rispettabile, quello che li aveva condotti nei negozi sotto il marchio Microsoft Games Studios; un passato costruito su uno schema di comandi avanguardistico, controlli e combattimenti affidati alle leve analogiche, e un setting mozzafiato. Se su quest’ultimo non posso alzare la voce, perché un gioco su licenza è pur sempre legato ai dettami di qualcuno “dall’alto”, sul primo punto lo faccio eccome: qual’è l’identità del team di Denis Dyack? La sua squadra è entrata sì o no nella nuova (e ormai passata) generazione?
La risposta a questa domanda ce la fornisce proprio Destiny: un beat ‘em up fatto da sviluppatori che con questo genere, è chiaro, non hanno nulla da spartire. Perché la fluidità di un, che ne so, Devil May Cry questo gioco qui se la sogna. Sono semplicemente due categorie diverse e, partendo da un simile presupposto, tale X-Men sarebbe da bocciare senza appello. Combo casuali e inspiegabili, movimenti leggeri e d’un tratto scattosi, ambientazioni scadenti con dettagli distruttibili persino à la prima Playstation; limiti che intaccavano anche l’esperienza di Too Human, a ragione direte voi. Ma almeno, in quel caso, il developer nordamericano era riuscito a creare una sorta di empatia tra gioco e giocatore, un legame che quasi lo accecava per farlo proseguire del tutto assorto da trama, personaggi e gameplay. Un legame che assolutamente non nasce per X-Men Destiny, una soluzione anche accettabile se non avessi letto il nome dei responsabili ai lavori.
Perché, sì, dopotutto la pubblicazione Activision non racchiude tutti i mali del mondo. Potrei definirla persino completa, per certi versi: arene di sfida sbloccabili nel corso dell’avventura ed esplorando quel po’ che c’è da esplorare; qualche dialogo con i personaggi che hanno reso celebre il fumetto e dai quali è possibile ottenere diverse missioni; un’introduzione che, nonostante il comparto grafico non brilli (se non in CG), entra di diritto tra i migliori “inizi” dell’anno; uno stile visivo molto vicino ai comic originali. Ci sono tutti gli ingredienti, addirittura qualche imbarazzante sezione di platforming in 2D e un ostico menù per la gestione delle abilità, per creare un titolo con la T maiuscola, eppure… eppure manca il feeling della grande avventura.
Manca il desiderio di proseguire. Manca quell’epicità, mi perdonerete se sto abusando del termine, che pervade anche produzioni non da 10 come Warhammer 4000: Space Marine. Ecco, dunque, non pretendo mica la luna – solo un sogno: l’infatuazione per un videogioco, di quelle che, da bambino, mi facevano saltare la scuola per stare davanti alla console. E magari, perché no, l’impegno di Too Human. Esagero con le richieste, eh?
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Filippo Tozzi