Bodycount - 2

Bodycount, una bassa definizione di sparatutto

di • 30 settembre 2011 • RecensioneCommenti (0)1526

Bodycount mi lascia davvero l’amaro in bocca. Era il febbraio del 2006 quando Criterion, il team di Burnout, lanciò un tardivo ma riuscitissimo Black, alla cui filosofia di gioco – sparare più o meno senza alcun motivo – si è ispirata la squadra Codemasters di Stuart Black. Che, sì, è lo stesso di Black (lo co-creò  e ne curò il design).

Capito, dunque, perché questo Bodycount mi lascia l’amaro in bocca? Le aspettative, almeno da parte mia, erano tante: mi ero detto “dai Codies, dai che è la volta buona” per entrare nel giro degli sparatutto – dopo lo scialbissimo tentativo di Clive Barker’s Jericho e poc’altro indegno di nota. E invece rieccoci qui, capo cosparso di cenere, a parlare dell’ennesimo buco nell’acqua.

Fuochi d'artificio. In bassa definizione.

Quella ideata da Stuart Black – non c’è da perderci troppo tempo: ha lasciato Codemasters per manifesta incapacità della software house – è un’avventura come tante. Un’agenzia di mercenari irrompe in un paesino fittizio che, a causa di due fazioni intente ad occuparsi più degli affari propri che del benessere della popolazione, è continuamente devastato dalla guerra civile. Un bel problema, già, ma anche un’ottima occasione per procurarsi facili guadagni (magari da spendere nei classici upgrade di inizio livello). Tipo gli FPS su console, non so se rendo. Comunque, e qui giungiamo al cuore del gioco, tutto regge finché si parla di trama e gameplay: la confusione, spiazzante per la prima oretta (avevo cestinato la demo due secondi dopo il download), rimane come marchio di fabbrica del già citato Black, al quale è rimasta la fissa della distruttibilità – un tantino ridicolizzata da quella di Battlefield ma più per merito di quest’ultimo -, del sonoro impossibile e del campo aperto a ogni tipologia di nemici. Non stento a scorgere, dietro la trovata delle fazioni poste l’una contro l’altra sulla mappa, una sorta di richiamo a quanto fatto in Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots (lo so, vedo MGS dappertutto!), ma con una profondità insufficiente che non permette, tra boss facilmente battibili e piogge di proiettili vaganti, di aggregarsi a questa o a quella parte.

Cos’ha di orrendo, allora, lo sparatutto made in UK? Sembrerò venale, ma ha un comparto grafico davvero pessimo. Di quel pessimo che ti deconcentra. Se non avete acquistato il gioco completo (fortunati), provate a scaricarne la versione dimostrativa: vedrete che l’attenzione cadrà sull’imbarazzantemente bassa definizione, più che sulle meccaniche convulse eppure accettabili e sul buon design del titolo in sè. Stando ai report dell’affidabile Digital Foundry, la versione Xbox 360 di Bodycount ha un frame-rate talvolta instabile di 30 FPS alla risoluzione, con ricorso a un superfluo 2x MSAA, di 1024×720 (quella PS3 tocca i 1024×640): ben duecento punti al di sotto dell’HD Ready!

Non stupitevi, pertanto, se non riuscirete a tenere a mente l’obiettivo della vostra missione: fragile già di suo, l’intero pacchetto ludico viene messo in grandissima difficoltà dal lavoro, scialbo se non si fosse capito, degli sviluppatori Codemasters.

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