“Sono passati un po’ di anni dagli eventi di Max Payne 2. Non scenderemo troppo in dettagli, per ora, ma Max ha trascorso gran parte di quel tempo bevendo e cercando di dimenticare quello che ha passato.”
Non se l’è certo spassata, quel tizio che da il nome alla prima creatura di Remedy e che oggi, invece, è sotto le (amorevoli?) mani di Rockstar Studios. Tenta di spiegarcelo Jeronimo Barrera, non un capo-tribù indiano ma il responsabile dello sviluppo alla software house di cui sopra, nel corso di un’intervista esclusiva concessa a Gamespot.
“Max arriva in Brasile grazie a un’opportunità offertagli da Raul Passos, un suo vecchio collega dei primi tempi al NYPD. Entrambi lavorano come guardie del corpo per Rodrigo Branco e la sua famiglia. Rodrigo è un vero magnate, e la sua famiglia è collegata alla scena politica e sociale di San Paolo. Naturalmente, Max ha la sua storia a New York e un sacco di cattivi ricordi che spera di lasciarsi alle spalle.A San Paolo, Max incontra una città per cui si sente alienato – non parla nemmeno la lingua del luogo – e al tempo stesso a casa. È enorme, super moderna con un grande contrasto tra ricchi e poveri, problemi di gang, corruzione politica, e grandi edifici. Niente di così diverso dalla New York che conosceva.”
La fedeltà al franchise è parsa ai minimi termini dopo il rilascio del primo trailer. Max Payne 3 è sembrato un gioco a caccia di identità, senza un comparto tecnico all’avanguardia né una trama sufficientemente intrigante.
“Il gioco è molto fedele agli originali in termini di gameplay, estetica, temi narrativi e visivi, anche se è stato aggiornato per sfruttare i nove anni trascorsi dal secondo episodio. Per noi, “noir” non è un’ambientazione (se così fosse, staremmo parlando di Los Angeles, di certo non New York), ma un particolare stile visivo, un tipo di narrazione della storia e dei personaggi che ha un certo cinismo hard-boiled, pieno di colpi di scena, e un senso di decadimento e depravazione. Sì, ci siamo spostati da una visione corrotta, bagnata o innevata di New York a una (qualche volta) bagnata ed egualmente corrotta visione del Brasile in espansione dei giorni moderni, ma non penso ci sia una grande differenza. [...] Restare fedeli a ciascun elemento chiave di Max Payne è stato sempre il nostro obiettivo principale, ed è davvero qualcosa di cui abbiamo discusso con Remedy durante lo sviluppo: hanno estremamente supportato il nostro lavoro.”
Una fedeltà che, per la precisione, riscontreremo in due delle componenti a cui i fan sono maggiormente affezionati: il bullet time e le vignette in bianco e nero. Ma anche la nuova location avrà qualcosa da dire…
“Durante lo sviluppo, abbiamo sempre lavorato per mantenere intatti e far evolvere gli elementi che hanno reso Max Payne una serie così amata. Attraverso il bullet time, Max Payne portò le sparatorie le sparatorie tipiche dei film d’azione di Hong Kong nei videogiochi in un modo che mai si era visto prima. [...] Abbiamo lavorato duramente per farlo diventare qualcosa di incredibilmente viscerale e fresco.
Abbiamo rivelato l’ambientazione di San Paolo, ma il gioco rimane fedele a tutti i fondamentali dei primi due giochi, dai temi noir al doppiaggio del grande James McCaffrey persino una versione delle vignette nello stile delle graphic-novel. E, mentre San Paolo può essere molto colorata di giorno, la storia è completamente diversa di notte. Il gioco terrà fede all’eredità di Max Payne; è scuro e insano come sempre. L’unica cosa che abbiamo cambiato è stata la trama, che si svolgerà ora in un paio di settimane, e ci sono alcuni livelli da svolgere di giorno. Questo perché la storia che volevamo raccontare non si sarebbe potuta compiere in una singola notte. Ci sono, comunque, abbastanza notti scure e bagnate nel gioco da soddisfare gli amanti di simili location.”
Un’ultima curiosità sul look di Max nel terzo capitolo della trilogia:
“Max non è molto più vecchio di quanto non fosse in Max Payne 2, e la scena del trailer in cui si rade i capelli arriva in un punto chiave della storia che, in molti modi, suona simile a momenti dei precedenti giochi. In quel punto, Max è davvero fuori di sè. È sempre stato descritto come un uomo sul baratro, ed è spesso chiamato a confrontarsi con situazioni che vanno oltre il suo controllo. In un momento di disperazione, decide che il miglior modo di affrontare i suoi nemici è cambiare il proprio aspetto. Se queste motivazioni siano razionali o al limite della follia spetta a voi stabilirlo!”
Questi gli istanti salienti dell’intervista a Barrera: un’intervista che farà piacere a quanti stanno seguendo le alterne fortune di Max Payne 3, ma che denota comunque una scarsa convinzione nelle scelte fatte finora dal team di sviluppo. Arrivare persino a dire che nulla è cambiato se non la storia, o che San Paolo la vedremo poco perché parecchi livelli si svolgeranno di notte, non è certo indizio di grande fiducia nel lavoro svolto finora; richiamare alla memoria il nome e lo stile di Remedy, poi, scredita ancora di più le ore spese dal team creativo sul reboot della serie.
Tanto valeva fare un remake in HD (da sbavo) dei primi due episodi e via. Non difendo l’idea di portare il tutto in Brasile, sia chiaro, ma piuttosto il fatto che una squadra abbia il diritto di prendere delle scelte, di creare magari scompiglio nell’industria, così da farsi un nome sulla propria pelle – e non su quella di altri.