Dietro una gimmick favolosamente originale, Plants vs Zombies: Garden Warfare nasconde, e neppure troppo in fondo, un cuore di sorprendente classicità. Dopo averci giocato per qualche ora, è impossibile non fare un parallelo con Battlefield 4, il perno della scuola sparatutto di Electronic Arts, sia per le modalità con cui declina il multiplayer, sia per un comparto grafico mosso dal Frostbite 3.
Partiamo anzitutto dalle modalità. Operazione Giardino è quella che salta immediatamente all’occhio, un Team Fortress col tocco macchiettistico ed esilarante di PopCap. Si tratta, in sostanza, di un’Orda 2.0 in piena regola, vale a dire un tower defense mascherato da shooter in terza persona. Il ritmo è più lento di un Gears of War o del già citato FPS di Valve, nonostante il frame-rate ancorato ai sessanta, prevalentemente perché, per diamine, il giocatore è chiamato a vestire i panni di uno zombie (e, se gli va bene, di una pianta). Questo alla lunga si sente, è inutile negarlo, ma è proprio quando la frenesia della competizione si abbassa e lascia spazio al “ma a che cazzo sto giocando?” che subentra lo stile ironico e colorato tipico del franchise. Sta lì a ricordarci tutti che, sì, alla fine è tutto un gioco e che spenta Xbox One si torna alla vita normale, quella che non so a quanti fotogrammi al secondo va ed è piena di tanti, troppi problemi.
Il tono leggero, però, non equivale certo a non far bene il proprio lavoro. PopCap, che è lo stesso studio dello splendido Peggle, lo sa e sa quanto il paragone dovuto (affatto forzato) con Battlefield pesi come un macigno. Ed è per questo motivo che ha messo sul piatto un pacchetto ludico ristretto ma solidissimo. C’è tutto quello che potreste volere – al netto di Boss, la modalità riservata a Kinect e al palmo di una mano – in uno sparatutto competitivo.
L’Eliminazione a squadre, classico per i puristi o con lo sviluppo dei personaggi per i completisti, è il fiore all’occhiello per quelli come me che non sempre hanno voglia di stare a misurarsi con la fantasia dei developer, che magari vogliano un gioco che si pieghi al proprio stile e non il contrario. Tombe e Giardini, con le medesime varianti dell’eliminazione, è invece la Conquista in salsa PvZ, quella modalità di gioco che ogni boxaro degno di questo nome conosce come Annex. Divertente ma, l’avete letto poche righe fa, per una partitina veloce alle undici di sera è meglio passare la mano. Infine, giusto perché stiamo parlando di un titolo PEGI 7, Tappetino di benvenuto è la modalità in cui, cito testualmente il gioco, “peggio giocherai, più salute otterrai alla generazione successiva!”. Serve commentare?
Ad ulteriore segno di scanzonatezza e, perché no, della completezza che citavo poc’anzi, Garden Warfare comprende la suddetta orda anche a schermo condiviso. Francamente non mi sono mai interessato più di tanto allo split-screen ma, in un panorama videoludico che sembra averlo escluso coi modi di un bullo, mi fa piacere vedere che a qualcuno ancora importa. Sarà interessante leggere qualche infografica, tra un po’ di mesi, per capire la percentuale di utilizzo di tale modalità – ma immagino basterebbe pure buttare un occhio tra le funzionalità di un eventuale seguito…
Ma non ho finito con la storia della completezza. È vero, manca un vero single-player e quindi usare questo termine può sembrare un tantino fuori luogo – vi assicuro, non lo è -, ma la cura risposta in ogni minimo dettaglio fa veramente venire l’acquolina in bocca. Plants vs Zombies: Garden Warfare è l’incarnazione del detto “poco ma buono”, con i suoi splendidi video tutorial realizzati col motore del gioco, i tre perk potenziabili a personaggio, la personalizzazione di questi stessi esserini (peraltro consultabile costantemente tramite il menù principale) secondo una scala molto simile a quella vista in Gears 3.
PopCap ha persino voluto mutuare un sistema di carte collezionabili e consumabili da FIFA Ultimate Team. Le si acquista con la valuta interna del gioco (o, magari in un futuro non troppo lontano, con le micro-transazioni – perché no?), conquistata sul campo di battaglia, ed è possibile utilizzarle per avere dei benefici immediati nel corso della partita; tra questi, una bara che aumenta le difese degli zombie, proprio come un guantone per quel simpaticone vestito da footballer, oppure un paio di occhiali quasi rotti per quell’amore di malefico tulipano. Per inciso, viva le Piante.
Come potete vedere, materiale di discussione ce n’è in abbondanza e la cosa stupisce alquanto, trattandosi di un titolo passato così in sordina. Sapete bene che non mi piace attaccar bottone con l’elenco delle modalità e delle possibilità offerte da un gioco, ma stavolta era il caso di fare un’eccezione. Sia perché di Garden Warfare si conosce scandalosamente poco, sia per dare un’idea di quanto ben di Dio avrete di fronte qualora vogliate accordare una – meritata eppur ponderata, considerando la particolarità del gioco – dose di fiducia al team di sviluppo.
Questa, però, non è una promozione a prescindere.
Il diritto/dovere di cronaca mi impone di ricordarvi che avrete bisogno di una connessione alla rete per giocare una qualunque delle modalità descritte quassù – sì, anche lo schermo condiviso – e questo è probabilmente un residuo della politica always-online pensata, poi scartata da Microsoft per la sua console next-gen.
Allo stesso modo, il comparto grafico è furbo nel non far sentire la mancanza di effetti grafici e il fotorealismo che altrove viene cercato quasi col cane da tartufo, ma di base non presenta nulla o quasi di irrealizzabile sulle piattaforme della scorsa generazione. Qualche fumo sparso qui e lì, le belle sequenze di tutorial applicate alle singole mosse dei personaggi, ma non aspettatevi altro e soprattutto scordatevi la distruttibilità degli ambienti vista in un Battlefield (che cito non a caso, dal momento che con Battlefield il nuovo PvZ ha in comune l’engine). Tutto è molto statico ed è un peccato, perché nel bel mezzo delle mappe si propongono spesso e volentieri delle mischie da saloon niente male.
Dovessi dargli un voto, Plants vs Zombies: Garden Warfare finirebbe per spegnersi nel banalissimo 8 che tanto è caro alla stampa videoludica nazionale. È in casi come questi, però, che benedico la politica di XboxWay: niente giudizi numeri e parola alle preferenze sui singoli argomenti.
Spero vi siate resi conto, leggendo queste poche righe, che il nostro è dunque un titolo ideale per rompere la monotonia di certi schemi – se vogliamo, anche obsoleti – nel mondo del multiplayer online. Un titolo che con essi può convivere (quindi sì, potete acquistarlo prima di Titanfall!) e che proprio a loro può avviarvi con la sua sornione, latente serietà di fondo.