BioShock Infinite

Un commento su Irrational Games

Di • 18 febbraio 2014 • Commenti (0)0

Fa sempre specie leggere della chiusura di una software house. In primis, i lavoratori penseranno ai lavoratori, alle persone che con questo mestiere creativo, a volte fantasioso ci campano: a tutti, fuorché a quei fortunati (e meritevoli, spero) quindici che rimarranno con Levine, vanno i miei personali auguri di trovare presto una nuova occupazione.

Poi emerge, ineluttabile, il lato oscuro che alberga in ognuno di noi, quello del giocatore. Di quell’entità, cioè, che se ne fotte dell’economia, della finanza, della finanziaria e del governo tecnico. Quel popolo che, cascasse il mondo, messo piede a casa vuole saperne solo da Tomb Raider e dalla sua Xbox One.

Ecco, quella massa informe e un po’ appiccicosa oggi si stringe intorno ad uno dei suoi guru più rilevanti, al Ken Levine di BioShock e BioShock Infinite, al genio creativo che oggi ha detto basta per rendere il mondo dei videogiochi, il mondo suo e nostro, un tantino migliore.

Levine ha detto basta: l’uomo nato nel cinema e che, zitto zitto, un po’ di cinema ha provato a portarlo nel gaming ha staccato la spina a Irrational Games per tentare una nuova avventura. Come suo solito, come solito di un grande protagonista dell’industria che nei limiti dorati della tripla-A si è adeguato sguazzando in un mare di mediocrità, il nostro si è però lanciato col paracadute aperto.

L’ennesima chiusura di Irrational Games – già confluita illo tempore in 2K Marin per poi rialzarsi manco fosse l’araba fenice – porterà infatti alla formazione di uno studio più piccolo, composto appunto dai fantastici quindici, che punterà tutto sulla narrazione e rimarrà al soldo di Take-Two.

Bioshock Infinite shoot

Secondo i proclami di Levine, dunque, non ci sentiremo più ripetere “BioShock Infinite è una roba pazzesca finché non si spara”; potremo, in un futuro si spera non troppo lontano, passeggiare per la Columbia di turno senza dover alzare un dito, godendoci l’atmosfera surreale e un po’ lynchiana, ascoltando i nastri sparsi qua e là come i frammenti di una lontana, perduta civiltà del futuro.

Forse è più un sogno che una solida realtà, come recita la reclame televisiva, ma un minimo di credito a quest’uomo glielo dobbiamo. Fino al prossimo passo indietro, almeno.

Commenti A te la parola, boxaro... Ehm, lettore, pardon.