Rufus non fa ridere. No, davvero. Giocando a Goodbye Deponia, l’elemento che rischiate di trovare più irritante di tutto il pacchetto è proprio il protagonista della trilogia di Daedalic Entertainment.
Perché vi diciamo questo? Perché ci è sembrato dall’esordio della serie che gli sviluppatori volessero raccogliere l’eredità di Monkey Island e soci e produrre qualcosa di trascinante, dissacrante e irresistibile come ai bei vecchi tempi.
Sorprendentemente, ci sono quasi riusciti e quel “quasi” è dovuto in buona parte (ma non solamente) al protagonista, quasi fuori luogo in tutto il contesto. Ora, le avventure grafiche di LucasArts meriterebbero fiumi di pixel a parte e non è questa la sede. Tornando a Deponia, se l’introduzione vi è sembrata negativa tranquillizzatevi pure: Goodbye Deponia va molto vicino al suo obiettivo insieme ai suoi predecessori, e in un periodo in cui le avventure grafiche continuano a vivere grazie agli sforzi di pochi studi specializzati, non c’è forse plauso migliore.
La chiusura della trilogia riprende il filo narrativo lasciato in sospeso e lo porta a conclusione, restando fedele alle proprie origini. Goodbye Deponia punta su una realizzazione artistica di indubbio spessore, vivace nei colori e stilisticamente apprezzabile, pronta a catturare l’occhio e curata a dovere nei dettagli. Le locazioni si fanno ammirare dall’inizio alla fine e così tutto il contorno grafico.
Il sonoro conferisce la giusta personalità al cast, anche se a dire il vero la voce che sentirete quasi sempre sarà quella di Rufus, tra cloni e doppioni vari. L’improbabile eroe non manca di commentare qualsiasi cosa e lanciarsi in discorsi assurdi e spesso piacevoli con amici, nemici e… neutrali. Goal, Cletus, Bozo, l’Organon e quant’altro sono alla fine un contorno troppo marginale per supportare a dovere il protagonista, che infatti non riesce sempre a tenere la scena.
Questo è uno degli inciampi di Goodbye Deponia, che però non manca di fare un altro passetto falso lungo la strada che porta al culmine la trama portante della trilogia. Non è facile tenere alto il ritmo di gag e battute, e infatti Daedalic, complice la volontà di dare un senso alla trama nel suo complesso, non ha resistito dal buttare in mezzo anche qualche parte un po’ troppo seria che non sembra fondersi bene con il DNA di Deponia.
Quando il protagonista è un narcisistico egoista incapace di mettere in dubbio anche la più piccola delle stupidaggini che compie continuamente, che senso ha fargli vivere un dramma in grado di scuoterlo profondamente e motivarlo nella lotta contro il nemico? Avete detto bene, nessuno. A volerla dire tutta, Rufus sembra dimenticarsi anche abbastanza presto dei momenti bui della storia, per cui neanche Daedalic sembra aver preso questa svolta con convinzione.
Poco male, in fondo. Goodbye Deponia piace di più quando è se stesso, ovvero una commedia vivace (pur nei limiti dei ritmi delle avventure grafiche) ricca di humour e situazioni spassose. L’avventura resta fedele a questa identità la maggior parte del tempo, con tutti i pro e i contro che ne derivano. Giocare Goodbye Deponia è veramente uno spasso più spesso che no, ma questo si paga con un livello di difficoltà inferiore alla media del genere.
Gli oggetti da usare non arrivano praticamente mai a riempire l’inventario, e il loro uso può essere spesso dedotto abbastanza facilmente (quando non viene suggerito apertamente da testo o altri personaggi). Chi identifica il genere delle avventure grafiche con la sfida non troverà pane per i propri denti e neanche briciole da ingoiare. Restare bloccati è abbastanza difficile, e il numero limitato di oggetti e punti di interazione scongiura del tutto il pericolo frustrazione. Molte scene sono poi vere e proprie gag che richiedono l’uso di un oggetto appena trovato nelle immediate vicinanze.
Ma sapete una cosa? È meglio così. Goodbye Deponia non verrà ricordato per aver dato filo da torcere a qualcuno, ma per essere riuscito ad arrivare in fondo al fatidico iter di trilogia come ci si aspettava. Laddove tante avventure provano a condire se stesse con spruzzate di humour nel tentativo di darsi sapore e finendo invece per risultare insipide, Goodbye Deponia non cessa quasi mai il fuoco di fila di frivolezze e situazioni assurde che hanno tenuto per mano il giocatore fino al terzo episodio.
Le poche cadute di ritmo sono praticamente fisiologiche e non alterano più di tanto il risultato. Certo, come detto Rufus sarebbe potuto riuscire meglio e avere qualche sfaccettatura in più, ma per fortuna non mancano comprimari e situazioni esilaranti (viva il cowboy Dodo), che tra l’altro vengono introdotte da una partenza a mille priva sì di enigmi ma anche briosa quanto basta.
Daedalic si è dimostrata abbastanza saggia da puntare sugli elementi migliori di Deponia fino in fondo e tirare il freno sulla difficoltà per permettere al giocatore di godersi il tutto senza farsi fumare il cervello. A meno che non siate veterani che prendono le avventure grafiche come sfide personali all’ultimo enigma, quindi, Goodbye Deponia potrà sollazzarvi quanto basta per non farvi rimpiangere il prezzo dell’acquisto. E non siamo certi che lo stesso potrà essere detto della schiera di “AAA” in arrivo a breve…
Questo articolo rappresenta una piccola incursione di XboxWay nel mondo dell’indie a-prescindere-dalla-piattaforma. Non è detto che non ce ne saranno delle altre in futuro, per cui continuate a seguirci!
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