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GTA V: i personaggi, la recensione di XboxWay

di • 23 ottobre 2013 • RecensioneCommenti (0)3501

Ho giocato e rigiocato GTA V, letteralmente spolpato la mia copia e cercato una chiave di lettura interessante per parlarvene uscendo dallo schema dei commenti trionfalistici che, ahimè, ho letto sparsi per la rete. Commenti meritati, meritatissimi, questo sia chiaro, ma ai quali, se posso, tento di sottrarmi ogni qual volta se ne presenti l’occasione.

Questo per la dignità mia, del sito per cui ho l’onore di scrivere e, cosa più importante, per avere un quadro lucido, ben definito del gioco del quale sono chiamato a parlare.

GTA V, appunto, è un gioco che si vende da solo e non ha bisogno dell’opera di pierraggio molto comune ai giorni nostri. Io stesso, il 17 settembre, preso dall’entusiasmo stavo per cedere alla tentazione di spiegarvi le influenze, le radici, le conseguenze dello sviluppo di questo immenso titolo. Di pontificare e filosofeggiare su un videogioco che si presenta da sé. Ma alla fine ho ritenuto giusto, corretto e, sì, dignitoso lasciare che a parlare fossero le vostre console. Che probabilmente hanno ancora l’affanno per la lettura continua ed estenuante del quinto episodio numerato di questo franchise.

Ora che ne è passata di acqua sotto i ponti, posso fermarmi un attimo e riflettere con voi sugli aspetti principali del nuovo Grand Theft Auto. Lo farò con una serie di articoli volti ognuno a cogliere una particolare essenza di questo splendido open world, tinto di alti e bassi ma in sostanza divertente, che alla fine è sempre quello che conta. Oggi parliamo dei personaggi.

Intanto: perché parto proprio dai personaggi?

Da sempre apprezzo Rockstar per le sue qualità da ritrattista: la sapienza adoperata per la costruzione di un contesto spazio-temporale che renda i protagonisti credibili non è secondaria, certo, ma viene a mio parere dopo la capacità di mettere in scena caratteri costantemente sopra le righe, che si alimentino e al contempo normalizzino a vicenda. Ad esempio, Franklin è simultaneamente un tributo a GTA: San Andreas e una sua versione depotenziata, con la testa sulle spalle, che faccia da contraltare allo schizzato del gruppo – Trevor, questo è chiaro. Nel mezzo del trio, a fare da ago della bilancia tra il buon senso (che paradossalmente proviene dal più giovane del gruppo) e la vertigine della follia troviamo Michael.

Michael agisce come un precisissimo pendolo: un po’ a destra, un po’ a sinistra, è il jolly narrativo della combriccola degli Houser. Serve supporto per una missione di Franklin (con il quale addirittura apre il gioco)? Eccolo, lì pronto che arriva. Trevor ha bisogno di una spalla? Detto, fatto – pur con il malincuore della finzione scenica.

Una strana coppia.

Il nostro Mike, insomma, è un pazzo scalmanato quando agisce insieme a Franklin (liberatelo da quell’impiastro, in tutti i sensi, di Lamar!); un assennato uomo di mezza età quando è T., ottimi i siparietti con Ron, a coinvolgerlo nelle sue scorribande. Lo spannung si ha chiaramente quando, in barba a tutti gli schemi, è Michael a dare l’input ai due soci e a far saltare un equilibrio che sarebbe potuto durare ben più delle (tante) ore che ho speso sul gioco.

E come ci si arriva a questo clou narrativo? In due modi, che palesano, se ce ne fosse stato ancora il bisogno, la bravura degli sceneggiatori: raccontando il passato e il presente in divenire di questo personaggio, intrecciati come sono e al completo servizio dell’utente, che come in ogni buon open world può influenzarli – quasi del tutto – a suo piacimento. Vi dirò, il prologo story-driven con tanto di musica drammatica à la Hans Zimmer mi ha lasciato un pochino spiazzato, ma quando scorrono i titoli di coda tutto diventa improvvisamente chiaro.

Avrete intuito che è Michael De Santa il mio protagonista preferito, ma non posso dire di aver disprezzato i suoi due compari. Frank sa di già visto ma, per le ragioni che ho illustrato poc’anzi, riesce a sorprendere in più di una circostanza; Trevor è uno spasso – avrei gradito percorrere qualche chilometro in meno spawnando nei suoi panni, eppure… – e rompe totalmente l’idilliaco status quo quando decide di entrare in scena. Alla lunga rischia di scadere nella macchietta e, nelle ultime battute, agisce in maniera molto prevedibile. Quando non lo fa, spinge il gioco a delle forzature narrative che possono far storcere il naso, come ad esempio il trasferimento allo strip club, ma per la simpatia che genera è piuttosto difficile trarne un giudizio negativo.

Il mio protagonista preferito.

Dagli NPC era lecito aspettarsi qualcosa in più. La leggenda del cinema, Solomon Richards, avrebbe meritato di essere approfondita e forse presentata qualche ora prima, perché lanciarlo nella mischia così sa tanto di deus ex machina chiamato in causa giusto per sbrogliare una matassa troppo intricata. Intricata perché, pur in un contesto di gradevole (almeno a mio parere) linearità, ad un certo punto ci si ritrova smarriti in una sequela di ordini e missioni, anche poco allettanti, provenienti da personaggi che appaiono e scompaiono senza soluzione di continuità. Avrei puntato più su queste chicche calate nel contesto di Los Santos, come ad esempio il milionario “ladro d’auto” oppure il tossicodipendente referendario, che sul pur sopra le righe “FIB”.

Appare comunque evidente che, rispetto al filone durato sino a GTA IV, i comprimari abbiano avuto perlopiù un tono minore sia perché non c’era bisogno di eccessi da parte loro, sia per non distogliere troppo l’attenzione del giocatore dal trio di base. Un Niko Bellic, per dirne uno, non avrebbe potuto fare a meno del cugino strafatto Roman o dell’eccentrico milionario arabo (entrambi più celebri di lui e non è un caso…). Gay Tony era allo stesso modo il reale protagonista della Ballad cui prestava il nome, mentre Johnny Klebitz si sottraeva suo malgrado a questa logica e non stento a credere alla finaccia che ha fatto.

Come vedete, ci sarebbero fiumi e fiumi di parole da spendere per ultimare una recensione appropriata di GTA V. Io per il momento mi fermo qui, ma tornerò senz’altro sull’ennesima perla di Rockstar per trattare altre tematiche come l’ambientazione, la trama e la cura del dettaglio. Se avete suggerimenti o pareri su quello che ci siamo detti quassù, vi aspetto nei commenti.

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