Non ci crederete, ma prima di Just Dance 2014 non avevo mai ballato di fronte al mio televisore. Sono troppo pigro per certe cose e, per quanto concettualmente mi affascini l’idea del motion gaming (di una sua integrazione parziale e poco invasiva nel gameplay classico, a dirla tutta), devo riconoscere che questo genere almeno ad oggi non fa per me. Ma…
… c’è un “ma”, importante, che mi spinge oggi a parlarvi dell’ultima fatica della banda Ubisoft. Il fatto, cioè, che ho provato il titolo per la prima volta e ne sono rimasto piuttosto colpito. Ad affascinarmi è stata la formula adottata dagli sviluppatori francesi per questo nuovo episodio di una serie che punta ad avvicinarsi sempre di più ai canoni seriali degli sportivi. L’ambizione, in pratica, è quella di arrivare a giochi indipendenti dal loro comparto tecnico – basi, strutture di giocabilità, dalle quali partire di anno in anno con le hit del momento. Che siano scaricabili o già inserite nel DVD che troviamo in negozio, pare, poco importa.
Un ragionamento, il mio, banale e scontato sul piano dell’osservazione. La prospettiva, però, cambia non poco se passiamo dal lato del consumatore. Ha senso accaparrarsi l’ultima iterazione del franchise, quando questa non presenta alcuna (o poche, pochissime) novità rispetto alla precedente? Bella domanda. Domanda bella che va inquadrata in un target preciso, quello dell’acquirente medio di prodotti videoludici “commerciali”.
Mi sembra evidente, insomma, che lo smaliziato videogiocatore con la tendenza al digitale possa fare a meno di una nuova versione all’anno di un qualunque gioco (teoricamente, perlomeno); ben diverso è l’occhio di colui che, volente o nolente, non ha interesse nell’acquisto di DLC e nell’aggiornamento costante, finché supportato, della sua libreria musicale. In tal caso, comprarsi il disco, magari ad un prezzo “di favore”, è senz’altro il male minore, una logica accettabile e accettata anche da Ubisoft.
Se mi sono spinto fin qui con questa (drammatica) divagazione al limite del filosofico, un buon motivo c’è. C’è che Just Dance 2014 continua a funzionare e ha fatto colpo pure sul sottoscritto. Perché è fedele al suo nome: conta solo ballare e sfrenarsi, tanto il sistema di valutazione è leggero quanto basta da rendersi credibile e simpatico agli occhi di pezzo di legno come me. Perché ha le canzoni giuste, messe al posto giusto da un menù principale “radicale”: non sono esattamente un fan di Lady Gaga, ma trovare il brano del momento nel catalogo del gioco non dispiace affatto e, anzi, aiuta a fare colpo sugli amici in caso di riunioni a sfondo easy gaming.
La serie pertanto si conferma il massimo per chi voglia evitare di prendersi troppo sul serio, come accade altrove, e ballarsi in allegria gli ultimi pezzi della musica commerciale.
Non pensateci troppo su, ballate e basta.