Dalle finestre entrava una luce giallastra, di quelle tipiche del tramonto. L’edificio in cui mi ero appena intrufolato, entrando dalla porta di servizio sul tetto, sembrava abbandonato. Alcune parti erano addirittura in costruzione, e forse così sarebbero rimaste. Eppure, la luce che filtrava violentemente dalle vetrate m’inebriava di stupore; le ombre proiettate dalle travi scoperte e da quel mucchio di secchi colmi di vernice fresca riempivano un ambiente che altrimenti sarebbe stato spoglio, privo di vita. E nonostante tutto, dopo esser passato per quel corridoio in cui la luce giallastra non riusciva a filtrare, l’impatto con l’esterno fu accecante. Era notte, quando giocai quel livello di Mirror’s Edge, ma ero così colpito dal fotorealismo degli scenari, che non me ne rendevo più conto.
Sono passati circa quattro anni da allora, ma ricordo quella sera come uno dei momenti più alti, visivamente parlando, di questa generazione videoludica. Che strano. Dopo di lui, sono usciti giochi del calibro di Uncharted 2 e 3, Gears of War 3, Halo 4 (cito giusto i primi gioconi che mi sono venuti in mente), ma quella notte di luci e ombre mi è rimasta dentro, insuperata e forse eguagliata solo dagli scorci di un altro titolone, Battlefield 3, guarda caso firmato, ancora una volta, dagli svedesi della DICE.
Il fotorealismo è sempre stato un sogno per i videogiochi e i videogiocatori. A ogni cambio generazionale siamo sempre lì a sperare che venga fatto il salto definitivo che permetta di raggiungerlo, senza renderci conto che la soluzione, forse, l’abbiamo ormai sotto il naso, anche se non tutti sono in grado di vederla e soprattutto di metterla in atto. Serve davvero la potenza di un nuovo hardware per avere degli scorci fotorealistici nelle fasi giocate? La mia risposta è no. E ne sono sempre più convinto. La riflessione nasce dalla visione della nuova tech-demo firmata Square Enix, Agni’s Philosophy, presentata a Los Angeles lo scorso giugno, in questi giorni mostrata nel dettaglio – ed è proprio il caso di dirlo – attraverso un paio di filmati.
Guardateli, se non l’avete già fatto. Ciò che un nuovo hardware sarebbe in grado di darci è proprio quella roba lì. Tanta abbondanza; tanti, minuscoli dettagli, incredibilmente belli, ma che smetterebbero di essere utili pad alla mano, in situazioni come quelle descritte in apertura, sempre che non stiate giocando all’ultimo arrivato da casa Cage o a opere sulla falsariga di L.A. Noire; intendo dire, titoli che fanno di dettagli come le espressioni facciali il cardine del loro gameplay. Lì, certo, una veste grafica così sarebbe utile. Ma a cosa servirebbe, o meglio… chi la noterebbe quella goccia di sudore sulla fronte durante una sparatoria a Battlefield 4? Nessuno. Di certo, non sono questi i dettagli che hanno reso magica quella e altre sessioni di gioco a Mirror’s Edge.
La soluzione che abbiamo sotto il naso è proprio ciò che permette al gioco DICE, uscito nel 2008, di stupirmi ancora oggi con i suoi scorci: l’illuminazione; il tocco sapiente degli artisti svedesi; l’uso oculato dei colori e della loro saturazione. Sono tutti elementi, questi, che contribuiscono a creare un impatto visivo dal sapore fotorealistico, che pochi giochi sono stati in grado di mostrare in questa generazione. Un altro di questi è il primo Ghost Recon Advanced Warfighter; sono sicuro che li ricordate bene quei panorami mozzafiato di Città del Messico.
La tech-demo di Square Enix è senza dubbio impressionante. Sicuramente, i primi a giovarne saranno proprio i creatori di Final Fantasy, da sempre legati alle sequenze filmate in computer grafica, che nella prossima generazione potrebbero finalmente esser mandate definitivamente in pensione, in favore di cut-scene generate in tempo reale. Grazie a questa tecnologia e a quel livello di dettaglio, elimineremo probabilmente anche il triste stacco tra filmato e gameplay, dal quale quest’ultimo è sempre uscito con i denti rotti. Ma il fotorealismo non è alla portata di tutti, quella è un’altra storia. Anche nella prossima generazione, a spuntarla saranno gli studios che avranno la fortuna di poter contare sul talento di artisti in grado di cogliere quelle piccole sfumature della realtà, quel colpo d’occhio che anche il più potente dei motori grafici, sul più performante degli hardware, non sarà mai in grado di ricreare da solo.