Potrei tirare in ballo il più puntuale degli orologi svizzeri o la prevedibilità di una telefonata, ma sarebbe fiato sprecato perché io lo so e voi pure: Call of Duty è tornato, Call of Duty: Black Ops è tornato. Signori e signore, date il benvenuto a Call of Duty: Black Ops II.
Spero abbiate messo l’abito delle occasioni buone, perché tale è l’occasione per cui il sottoscritto sta scrivendo e voi leggendo l’Opinione del giorno. L’ultimo nato in casa Activision è un gioiello di rifinitura più tattica che tecnica, un mix fenomenale di contenuti variegati al punto giusto e fusi in una formula dal sapore gradevolmente familiare. E’ l’alternarsi di vecchi e nuovi pro, quali il multiplayer di cui non avreste neanche bisogno di sentire parlare, la modalità Zombi e la campagna – attenzione – intensa e longeva, con altrettanto datati contro, come un comparto tecnico raramente all’altezza della situazione e un’intelligenza artificiale deludente nelle fasi concitate.
Ma, prima di sistemarsi il papillon e partire per questo lungo valzer, lasciate che faccia un breve passo indietro nel tempo. Nella fattispecie, un flashback fino agli anni di Call of Duty 3, il primo episodio della serie a passare per le mani di Treyarch. E’ in questo periodo che la compagnia di Bobby Kotick ha l’intuizione “geniale” della staffetta con la più blasonata Infinity Ward: mentre West e Zampella lavorano al futuro, gettando le basi per un motore grafico (almeno all’epoca) impressionante, la software house di Mark Lamia si fa la sua bella gavetta e macina capitoli su capitoli, mai troppo vicini per qualità ai cugini di Modern Warfare ma comunque acclamati dalla critica e da buona parte del pubblico. Treyarch pare destinata al ruolo di eterna seconda, ed è questa francamente la considerazione che ho sempre avuto di questo team, ma qualcosa ben presto cambia: Activision entra in conflitto con IW, la decapita e di punto in bianco Lamia & co. si ritrovano alla guida del brand. Urge un cambio di prospettiva: le riserve entrano in campo e sono costrette a dimostrare il proprio valore, anche perché la concorrenza dei “nuovi”, Sledgehammer e Raven Software, è forte, il marchio attira le attenzioni di molti e forse troppi dev.
Ecco cosa succede a questo punto. Treyarch si ritrova coinvolta in una sorta di ultimatum con se stessa: Call of Duty: Black Ops II dovrà essere l’iterazione della consacrazione, quella del “cambio di prospettiva”, come dicevo quassù – i giocatori dovranno vedere in lei la protagonista della scena, la forza motrice di Activision, la titolare della serie. Avrà raggiunto il suo obiettivo? Alle righe che seguono l’ardua senteza.
Diciamoci la verità: la campagna non è mai stata il forte di Call of Duty. Da tutti gli episodi, anche da quelli bellici ambientati durante la Seconda Guerra Mondiale, traspare un senso di estrema frettolosità nello sviluppo delle storie, a tratti inconsistenti (al punto che alcuni competitor, come Brothers in Arms, hanno intrapreso senza troppo successo la strada della narrazione), e di complessiva trascuratezza verso un comparto in passato fondamentale come il single-player. In Black Ops II queste sensazioni sono completamente capovolte: la trama è interessante e stupendamente intricata con l’episodio precedente, mentre lo story-telling, pur segnato da un numero eccessivo e alla lunga stancante di flashback, lascia spazio a un buon numero di deviazioni stilistiche a dir poco sorprendenti.
Tra queste, oltre alla possibilità di impersonare protagonisti diversi (come diverse sono le loro “angolazioni”), figurano le missioni Forza d’Attacco, all’esordio assoluto nel franchise. Si tratta di vere e proprie pause dalla quest principale, cinque nel complesso, condite da un’inattesa componente strategica. Sia chiaro, Call of Duty non è diventato un RTS – per ora, s’intende – ma l’intenzione, chiara e positiva, è di dare una piccola variante nel contesto tipicamente monotono degli sparatutto in prima persona. Con “piccolo” e “non è diventato un RTS” voglio dire che il succo del gioco è sempre lo stesso e che, anche se doveste optare per un approccio militaristico con la disposizione attenta di tutte le unità sullo schermo, vi ritroverete spesso a usare i vostri alleati come diversivi mentre sguscerete, peraltro poco silenziosamente, alle spalle dei vostri nemici in assetto da guerra solitaria. E’ chiaro che l’applicazione di questi dettami dipenderà dalla voglia di misurarsi o meno con una chicca di gameplay sperimentale, ma va precisato, prima di scegliere se ignorare la novità, che il completamento delle missioni, cui sarà possibile accedere entro la fine dei tre capitoli successivi allo sblocco, avrà il suo peso sulla determinazione del finale.
Già perché, oltre alla qualità della trama e all’introduzione delle missioni Forza d’Attacco, devo sottolineare il nuovo assetto della campagna solitaria che, dalla durata di 7-8 ore, può ora terminare con ben sei finali alternativi e presenta un buon numero di scelte da compiere per incidere sul proprio ending. Riuscire a salvare un prigioniero, cosa che nel mio caso non si è verificata, ha un peso specifico sullo sviluppo della storia e questo, insieme alle varie conclusioni delle Strike Force, incrementa a dismisura l’offerta della rigiocabilità. Chi l’avrebbe mai detto…
E chi l’avrebbe mai detto che mi sarei ritrovato a parlare di Zombi e multiplayer in tono minore per un’Opinione sull’ultimo Call of Duty?
Proprio così: le attenzioni di Treyarch si sono evidentemente rivolte perlopiù sulla campagna, perché le due modalità in questione non presentano novità di grande rilievo, se non un lavoro di “rifinitura”, mi auto-cito, che ha del piacevole. Partiamo dai non morti. Black Ops II sembra fare un passo avanti e due indietro per quanto riguarda gli amici di George Romero & co.: se da un lato l’introduzione di Tranzit, una sorta di campagna oltre la campagna tenuta in piedi da un comune filo narrativo e da un paio di trovate intriganti, è una nota di merito, dall’altro il passaggio a protagonisti senza identità e il numero non particolarmente esaltante di scenari fanno sì che il giudizio si fermi alle soglie dell’ottimo. Riconosco tuttavia la grande atmosfera della modalità, che in più di una circostanza mi ha fatto chiedere come sarebbe un Call of Dead o qualunque possa essere il nome di un titolo “cadavere” della serie.
Allo stesso modo, il multiplayer non brilla per eccezionali innovazioni ma comprende diverse limatine alle sue colonne portanti. Rispetto allo sfrenato Modern Warfare 3, per citare giusto alcuni esempi, il nostro comprende mappe (14) più o meno bene adatte a tutti i tipi di classe e consente di riscuotere i bonus non dalle Killerstreak ma dai Killerscore, un punteggio determinato da fattori come il rapporto u/m, gli assist e le uccisioni. Potrà sembrare una fesseria e invece prevedo che questo nuovo sistema risolverà un bel po’ di grattacapi con gli immancabili bimbiminkia e coloro che proprio non riescono a fare due uccisioni di fila.
Altro dettaglio proveniente dal labor limae degli sviluppatori californiani è l’accorpamento di molti perk, non a caso presenti in numero minore e con forza meno invasiva nelle azioni di gioco: non sarà mica che, passati tutti ai perk e alle personalizzazioni più fantasiose, Call of Duty prenderà un’altra strada? Nel caso, affare fatto!
La chiusura è doverosamente incentrata sul comparto audiovisivo del gioco. Sulla grafica stenderei un velo pietoso: se Activision riuscisse a crearsi il suo Frostbite il mondo sarebbe probabilmente un posto migliore, ma è evidente che i developer si siano arrangiati, talvolta cavandosela, con quello che passava il convento. Risoluzione infima contro bel design delle armi e situazioni com’è abitudine spettacolari. A termini invertiti otterremmo Medal of Honor: Warfighter, ma siccome il bell’aspetto non è tutto… Sonoro. C’era grande curiosità per la prova di Giancarlo Giannini al doppiaggio del villain di turno. Il grande attore italiano non ha deluso le aspettative, fornendo una prova d’intensa recitazione, sciupata solo parzialmente da un missaggio di scarsa qualità. Insomma, non fateci caso se la voce di Giannini vi parrà registrata in un secondo momento e appiccicata sulla traccia audio. Giacché si parla di audio, chiudo con un brevissimo appunto: sarebbe bello sentire campionamenti diversi di arma in arma, piuttosto che di categoria in categoria. Ne guadagnerebbe il realismo e si avvicinerebbe di un’altra spanna l’altare della perfezione.
Il valzer è a questo punto finito, ladies and gentlemen. Spero sia stato di vostro gradimento e che, soprattutto, abbiate compreso la bontà di Call of Duty: Black Ops II. Non siamo di fronte al “solito” Call of Duty, qualcosa è cambiato e, anzi, Treyarch sembra essersi finalmente impossessata della saga di Activision. Allora tanto di cappello, ma ricordate che, se il valore dell’episodio all’interno del franchise è elevatissimo, in termini generali si può fare ancora molto per migliorare.
Sviluppato da Treyarch e pubblicato da Activision, Call of Duty: Black Ops II è disponibile dal 13 novembre per PC, PS3 e Xbox 360.
Potrebbe interessarti anche...
-
Valzer in FA maggiore
-
PaoloSirio
-
http://www.facebook.com/profile.php?id=100000670836193 Marco Munich
-
-