dishonored

Non tutti apprezzano le nuove IP come Dishonored

di • 19 novembre 2012 • RecensioneCommenti (0)1822

Qualche giorno fa ci chiedevamo dov’è che l’industria videoludica ha fallito con le esperienze “uniche e fantastiche”, oggi cerchiamo di tornare sulla tematica con l’opinione di Dishonored, quel “piccolo”, semi-sconosciuto capolavoro made in Arkane Studios (quelli di Arx FatalisDark Messiah of Might and Magic), gente che ha lavorato anche al design di Black Mesa, la città di Half Life che tanto ricorda Dunwall.

La prima opera di questi ragazzi francesi sotto l’ala protettrice di Bethesda Softworks, e quindi Zenimax, ha avuto il dispiacere di uscire in un periodo fin troppo felice per le uscite, quel metà Ottobre che segue ad uscite del calibro di Resident Evil 6 e Borderlands 2 e precede quei successi commerciali che ormai definiamo i blockbuster del videogioco. Della roba che lo costringerà a essere rivalutato in futuro, quando lo attenderà il varco del taglio di prezzo, nonostante la sua nomination come Game of the Year ai (falsissimi) Videogames Awards 2012. Il problema è che questo action/stealth in prima persona è davvero papabilissimo come GOTY e questa situazione ci fa interrogare su una questione: vale la pena lanciare nuove proprietà intellettuali alla fine di una generazione all’osso? Probabilmente sì, e gli unici a beneficiarne siamo noi videogiocatori incalliti o con un minimo di gusto.

Dishonored ci metterà nei panni di Corvo Attano, guardia del corpo dell’imperatrice di Dunwall, città immaginaria in salsa steampunk decimata dalla peste, accusato ingiustamente dell’assassinio della suddetta e del rapimento dell’erede al trono. Il giorno prima della sua condanna a morte, Corvo viene liberato da alcuni Lealisti, una delle fazioni dell’impero, dando così al protagonista una possibilità per vendicarsi. È così che comincia l’avventura alla ricerca delle redenzione con l’aiuto delle abilità paranormali dell’Esterno, una sottospecie di divinità, e della sua inquietante maschera da assassino.

Considerando l’incipit, avrete ben capito che la produzione Bethesda è ben lontana dall’essere un action semplice e scriptato. Dishonored è infatti un action silenzioso con tratti da gioco di ruolo e un’infinità di possibilità. La particolarità di questo videogame è infatti l’ampia varietà d’azione, che spazia dall’approccio prettamente stealth alla sparatoria à la Terminator, passando alla toccata e fuga, piuttosto che all’avanzamento senza alcuna kill. È questo il vero punto di forza del gioco, che cambia a seconda dell’approccio e soddisfa i palati più esigenti. Certo, affrontare il tutto come un FPS qualsiasi riduce all’osso la durata della storia, rivelando un videogame non all’altezza delle aspettative, ma pur sempre più originale di un Call of Duty o Battlefield qualsiasi. La storia cambia se avrete un approccio più certosino, modificando persino l’ambiente di gioco e le situazioni che vi saranno proposte.

Concludendo, Dishonored è una boccata d’aria fresca inimmaginabile, un mix sapientemente amalgamato che riporta alla mente capolavori quali Deus Ex per la profondità, Bioshock per l’atmosfera e Half Life per il design. Condito da una grafica non certo da cento e lode, ma sicuramente godibile per via del suo stile ricercato, lo stealth game made in Arkane è un must buy, un piatto sopraffino che purtroppo non verrà apprezzato dai videogiocatori orientati verso il mercato mainstream e che presto finirà nel cestone dei giochi a basso prezzo nelle catene più blasonate. E allora, vale la pena non riservare certe perle alla next gen? Ma sì, certo che sì. Un plauso agli intrepidi sviluppatori.


Sviluppato da Arkane Studios e pubblicato da Bethesda, Dishonored è disponibile dal 12 ottobre per Xbox 360, PlayStation 3 e PC.

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