Esattamente il 6 marzo scorso, a poche ore di distanza dal rilascio del primo trailer di Assassin’s Creed III, l’eccitazione per quanto visto in quel video mi portò a scrivere di getto quello che avrei desiderato dal nuovo capitolo della saga Ubisoft. Volevo “buttarmi nella mischia, sentire tra le dita l’adrenalina di una grande battaglia, il grido patriottico di George Washington”. Immaginavo di “girovagare per le lande nordamericane come in un revival di Red Dead Redemption, ma con una lama celata pronta da sfoderare”; “sbucare di soppiatto dalla vegetazione per fare carneficina di quel gruppo di soldati inglesi. Colorare di rosso la neve, e scappare via per ritrovarmi proprio là, affacciato su quella vallata.”
Oggi è il 13 novembre 2012, sono passati 14 giorni dall’uscita di Assassin’s Creed III e mancano esattamente 38 giorni alla fine del mondo. E se davvero dovesse avverarsi la tanto discussa profezia, potrò almeno dire di aver finito un Assassin’s Creed, e di esserne addirittura soddisfatto. Felice? No, ma solo perché avrei preferito non finisse: me la stavo proprio godendo tra Boston e New York, in compagnia di George Washington e Benjamin Franklin, nei panni del mezzosangue Ratohnhaké:ton (Connor, per gli amici). I fan della serie sapranno che il riferimento alla fine del mondo non è casuale. La storia della saga di Assassin’s Creed è legata a doppio filo alla profezia del 21/12/2012 e il terzo capitolo ne è, in qualche modo, la parte conclusiva. Si arriva al dunque, insomma, attraverso un’avventura che si dipana tra i ricordi dell’ennesimo antenato di Desmond Miles, dopo Altair e l’italianissimo Ezio Auditore.
Dopo un inizio al rallentatore – una sorta di tutorial giustificato per vie narrative, che si protrae per circa 6 “sequenze” (i “capitoli”, se così possiamo definirli, ndr), forse troppe – si entra nel vivo della guerra d’indipendenza, e nei panni di Connor si avrà modo di rivivere alcune tra le più significative battaglie, come quella di Lexington, e alcuni tra i più memorabili episodi della rivoluzione, come il Boston Tea Party. Storia e finzione s’intrecciano come non mai, mettendo a nudo i rapporti tra i personaggi e svelando gran parte dei misteri e delle curiosità che la serie ha sollevato nei cinque capitoli precedenti, soprattutto sul fronte del presente narrativo, dove Desmond avrà, ovviamente, un ruolo di primo piano, con diverse missioni giocabili. Ma è l’America, quella coloniale, la vera protagonista. Alle città, stavolta, si affiancano distese e foreste liberamente esplorabili balzando da un ramo all’altro; e che ci sia il sole o la pioggia, o addirittura la neve, il risultato estetico è sempre d’incredibile impatto.
È inutile nasconderlo: Assassin’s Creed III è il miglior capitolo della serie. Quello che più colpisce dell’opera, sviluppata quasi interamente a Montreal, è senza dubbio l’ambientazione. Ma c’è dell’altro, perché se una cosa i capitoli precedenti hanno dimostrato, è che non basta un’ambientazione affascinante e ricreata nei minimi dettagli per fare di un bel gioco un ottimo gioco. La verità è che anche questo terzo capitolo si porta appresso una serie di difetti congeniti alla serie, malanni cronici come l’intelligenza artificiale e il sistema di combattimento (sebbene risulti leggermente migliorato). E tuttavia riesce a nasconderli attraverso una caratteristica che era quasi del tutto assente nei prequel: l’equilibrio. Quello tra narrazione e azione, tra imponenza e concretezza, tra grandezza e densità.
Il “trucco” di questo Assassin’s Creed III è tutto qui, si fa per dire. Se è il primo episodio che riesco a portare a termine, e che quindi riesce a condurmi oltre lo stupore per il setting e le location, è tutto merito di un grandissimo lavoro di progettazione che ha fatto sì che tutto fosse al posto giusto; che tutto, in qualche modo, fosse collegato, senza forzature. La storia, facendo leva su un paio di colpi di scena, si amalgama perfettamente al gameplay. Le missioni principali ti danno modo di assaporare tutte le caratteristiche del gioco e quasi tutte le attività che possono essere svolte in quelle secondarie (inclusa la gestione della tenuta Davenport, in cui il gioco si trasforma quasi in un gestionale, appunto). Così, puoi dedicarti completamente alla storia (per circa una decina d’ore complessive), ma senza annoiarti e senza perderti nulla di ciò che l’opera ha da offrire. Non ti annoi, perché finalmente la varietà c’è, e si vede. Dalla caccia nelle foreste – eccolo, Red Dead Redemption – alle incredibili battaglie navali – vero fiore all’occhiello della produzione -, fino ai salti tra i tetti di New York e Boston.
Certo, non stiamo parlando di Roma, né di Firenze o Venezia. Le ambientazioni cittadine di Assassin’s Creed III sono senz’altro meno evocative rispetto ai bellissimi vicoli e alle maestose architetture europee, e chi si era affezionato a Ezio Auditore e alla sua storia farà un po’ fatica ad abituarsi a un contesto completamente diverso e a un protagonista forse meno accattivante. Ma la forza di questo nuovo capitolo sta nell’insieme. E nell’insieme, mi ripeto, Assassin’s Creed III rappresenta il miglior capitolo della serie. Multiplayer incluso.
Sviluppato e pubblicato da Ubisoft per Xbox 360, PlayStation 3 e PC, Assassin’s Creed III è disponibile dal 31 ottobre 2012.
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