Si fa presto a giudicare qualcosa dalle apparenze, un gioco dal suo aspetto esteriore, dalla grafica. Faccio mea culpa, capita anche a me. Perché un conto è aver a che fare con un titolo “particolare”, un altro è ritrovarsi tra le mani qualcosa di scadente o fastidiosamente superficiale. Il caso di Risen 2: Dark Waters fa un po’ storia a sé: nasce su PC, piattaforma per la quale dà il meglio e arriva in maniera travagliata ma non troppo su console, dove porta un bagaglio di guai tecnici e feature hardcore niente male per chi sa aspettare.
Partiamo proprio da questa considerazione, allora: Risen 2 non è per tutti. È uno di quei giochi che fosse uscito a fine anni ’90 non avrebbe sfigurato e, forse forse, sarebbe stato tacciato di modernità per alcune “originalità” del suo design. Al giorno d’oggi, e se il mio calendario non si sbaglia siamo arrivati al 2012, il titolo Piranha Bytes si rivolge alla nicchia dei nostalgici dell’old school e strizza l’occhio ai neofiti con un’ammaliante ambientazione piratesca. Che, almeno su Xbox 360, lascia il tempo che trova a causa del suddetto abito, diciamocela tutta, di scarsa e talvolta pessima qualità.
Vogliamo parlare della realizzazione di Patty? Un personaggio che sembra uscito da Final Fantasy VII – sfere in luogo degli arti e via dicendo, non so se mi sono spiegato. E dei dialoghi? Mentre si chiacchiera con gli NPC (amabilmente, perché questo gameplay gli attributi ce li ha eccome) i fotogrammi si accavallano manco si stesse guardando un film in bianco e nero della prima metà del ‘900. Ridicolo come il tearing costantemente presente e l’illuminazione che fa fatica a illuminare – dubito sia capitato solo a me di dover smanettare tra le impostazioni della gamma e del contrasto per accedere ad alcune aree. Insomma, non si commercializza un prodotto in queste condizioni. È semplicemente sbagliato.
Se poi il prodotto è il nostro Dark Waters e porta la prestigiosa firma di Piranha Bytes, l’errore è ancora più grave. Come anticipavo qualche riga fa, il gioco presenta delle indubbie doti che, nel loro essere classiche e un tantino prevedibili, riescono a stupire l’utente moderno. Mi ha spiazzato, ad esempio, l’obbligo di sbloccare un tot di eloquenza per avviare una missione secondaria – qualcosa che nelle fasi iniziali di un RPG, solitamente molto generose, si vede di rado – oppure la difficoltà con cui ho racimolato le prime monete per acquistare un’arma da fuoco. E per “difficoltà” intendo il fascino che esercitano i tanti minigiochi a base di pirateria sparsi qua e là, e al quale è davvero difficile resistere. Ecco, una cosa del genere mi mancava dai tempi di Fable, non a caso un titolo di, quanto, dieci anni fa? Old school, ve l’ho detto.
Basta una presentazione ai limiti della decenza, allora, per condannare qualcosa/un prodotto all’insufficienza? Una domanda del genere potrebbe scatenare dilemmi e conseguenti dibattiti filosofici per giornate intere ma in questa sede voglio limitarmi a un secco “no”: sarà abbastanza per ridurlo a quella nicchia di malinconici e pazienti che ancora si fidano di Piranha Bytes e che senz’altro vorranno acquistare la versione PC di Risen 2: Dark Waters. Tutti gli altri passino pure alla cassa per ritirare le loro ultramoderne triple-A dal tanto fumo e poco arrosto.
Sviluppato da Piranha Bytes e pubblicato da Deep Silver, Risen 2: Dark Waters è disponibile per PC da fine aprile, per Xbox 360 e PS3 dal 3 agosto.