L’altro giorno mi è scaduto l’abbonamento a Xbox Live Gold. Un bel problema, pensai immediatamente collegando la sottoscrizione all’Opinione che, di lì a poco, avrei dovuto scrivere per l’Arcade Nexuiz – e che arriverà, tranquilli, nelle prossime ore. Facendo un breve “storico degli acquisti” nella mia memoria, ho scoperto che quel bell’abbonamento me l’ero guadagnato con un solo euro, a sua volta speso al termine di una sottoscrizione ben più lunga di dodici mesi al servizio di gioco online Microsoft. Due euro, due mesi di Xbox Live. Questo significa, in soldoni, che la stessa Microsoft si sta sottraendo gradualmente alla logica del €6/1 mese = €59/12 mesi. Questo significa, sempre in soldoni, che la rete di gaming ha dato il via ad una sorta di guerra silenziosa contro il PlayStation Network e di “naturalizzazione” del servizio stesso. Ma come ci sta riuscendo?
Fate anche voi un personalissimo storico degli acquisti: come vi siete procurati gli ultimi abbonamenti su Xbox Live? Risponderò per voi, in attesa di ritrovarvi nei commenti: forum o siti solo-codici con prezzi modici che mai e poi mai (neppure dopo l’introduzione di cartelli in stile spaccio colombiano) avrebbero superato i €40 annui. Un fenomeno intollerabile per Microsoft, che è passata dall’aver introdotto, con tutta l’infamia che ne consegue, un servizio a pagamento al non guadagnarci proprio niente.
Ed ecco che entra in gioco la soluzione dell’euro al mese. Una soluzione che consente prima di tutto di non disperdere un potenziale economico – per quanto minimo – e consegnarlo tra le mani di commercianti pirata. Una soluzione che permette, al di là del mero ritorno danaroso, anche di raggiungere nuovi utenti: non so in quanti, infatti, resisterebbero alla tentazione di non sottoscrivere un nuovo abbonamento, dopo aver provato Gold per almeno un mesetto.
Passando dalle motivazioni alle finalità, dalle parole ai fatti, questo processo, questa “guerra silenziosa”, è scattata in Microsoft un paio d’anni fa con l’acquisizione di Massive, un’avanguardistica compagnia nordamericana decisamente attiva nel campo delle pubblicità in-game intelligenti. Diciamo pure che le hanno inventate loro, via. Intelligenti perché, in base al rating del gioco, alle impostazioni familiari o alle preferenze raccolte su consenso dell’utente, sanno offrire il prodotto migliore, l’advertisement al momento giusto, al posto giusto. Il primo titolo a sfruttarle è stato Need for Speed: Most Wanted – EA come d’abitudine c’aveva visto giusto, lo fa sempre quando si tratta di monetizzare – e lo aveva fatto in maniera molto sottile: cartelloni pubblicitari e targhe personalizzate non solo non facevano/fanno sentire il loro peso, ma addirittura aumentano il realismo del gioco, che sembrava, a suo tempo, un vero e proprio estratto televisivo. Il guadagno era ed è stato quindi triplo: gli introiti alla vendita della pubblicità; gli introiti al momento in cui tale pubblicità veniva, in un modo o nell’altro, avvistata dal giocatore; gli introiti provenienti, naturalmente, dalla vendita del titolo.
Un simile concetto trova facile applicazione su Xbox Live – dopo che il colosso di Redmond ha messo le mani su Massive e l’ha inglobata, cancellandola di fatto e “rubandole” la tecnologia necessaria -, su una rete, cioè, in continua evoluzione e recentemente ridisegnata per porre l’accento sul commercio interno. Ti scade l’abbonamento annuale? Niente paura: pazienta un paio di giorni e il sistema capirà che hai bisogno di una nuova sottoscrizione. Ammaliandoti quando e come serve, intuendo, pensate, se sei alla prima o alla seconda firma di un “contratto a tempo” e agendo di conseguenza. È così che ci ritroviamo con offerte che variano di volta in volta da €1/mese a €20/6 mesi.
Va bene? Non va bene? Per il momento, mi limiterò a sfruttare la situazione. A prendermi il mio bel mese di gioco online – come non ce n’è altrove – per un misero euro. Perché, in un momento del genere, la privacy può attendere.
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