Se il picchiaduro rappresenta – in qualche modo – l’essenza del gioco multiplayer, l’arma bianca è considerata come la più nobile arte del combattimento. Non c’è da sorprendersi, quindi, se quella di SoulCalibur sia diventata negli anni una serie molto amata e seguita, dai fanatici del genere e non solo. Un franchise che ha saputo brillare di luce propria anche all’ombra del fratellone Tekken. E che oggi ritorna con un quinto episodio (il sesto, se consideriamo Soul Edge ed escludiamo i due spin-off portatili) a cui sono stati affidati l’onore e l’onere di rinnovare la serie.
Soul Calibur V non è il miglior SoulCalibur di sempre, questo è certo. Ma è molto interessante la rivisitazione proposta per il sistema di combattimento, più dinamico e veloce rispetto a quello dell’episodio precedente. Una scelta felice che si contrappone, però, a una più discutibile, ovvero l’esclusione di alcuni combattenti storici dalla rosa (come Rock, Talim e Yun-Seong, per dirne alcuni), sostituiti da personaggi diversi nelle fattezze, più giovani, ma del tutto simili nel fighting-style. Un sacrificio giustificato (solo) dalla trama, la cui narrazione trova il suo incipit ben 17 anni dopo gli eventi raccontati nel precedente capitolo. Ma bisogna essere onesti: la Modalità Storia – che vede protagonisti Patroklos e Pyrrha, figli di Sophitia – è del tutto trascurabile: la fabula non brilla per originalità (è ridicola, diciamolo pure), i personaggi sono piatti e i combattimenti proposti assumono spesso – paradossalmente – il ruolo di filler che spetterebbe de jure a filmati e illustrazioni (dallo stile, peraltro, molto apprezzabile). E Pyrrha è odiosa come qualunque personaggio di un picchiaduro che si scusi ogni volta che colpisce l’avversario… I’m sorry!
Fortunatamente, ritroviamo l’editor dei personaggi introdotto in SoulCalibur IV, a cui peraltro è collegata un’apposita modalità, Combattimenti Veloci, dove il giocatore si ritrova ad affrontare combattenti generati automaticamente dal gioco e dotati quindi di aspetto e abilità sempre diversi.
Ma torniamo al cuore di SoulCalibur, i combattimenti, come sempre all’insegna di spade e lame di ogni genere. Tanto che Ezio Auditore, tra i personaggi bonus del gioco – direttamente da Assassin’s Creed (Ubisoft) – non fatica a trovarsi a suo agio, dotato della sua inconfondibile lama celata (e di una pistola che, a dire il vero, fa storcere il naso; almeno quanto il suo doppiaggio in finto-italiano). Il gameplay di SoulCalibur V va quindi ad ergersi sulle fondamenta della serie – tempismo e riflessi -, ma ci sono alcune novità da segnalare, specie sul fronte difensivo: il Quick Step (non è un ballo, ma una schivata attivabile con un doppio tocco sulla leva direzionale), la Just Guard (eseguibile con una parata in extremis) e una rivisitazione del Guard Impact (ora più facile da attivare rispetto al passato). Mentre su quello offensivo, addio alle Critical Finish e bentornato al Critical Edge. Gli appassionati capiranno.
A parte queste piccole/grandi novità che rendono il gameplay più fresco, SoulCalibur V non offre grandi innovazioni sotto il profilo ludico. Mi riferisco in particolare alle modalità di gioco, dove – a fronte di una già citata (e scadente) Modalità Storia e delle classiche attività che ci si può aspettare di trovare in un picchiaduro – spicca quella online, in cui Namco propone il Global Colosseo: 50 giocatori, un’unica arena e incontri casuali one-on-one. Siamo comunque di fronte a un titolo che avrebbe potuto fare di più su diversi fronti, ma che conserva intatto il fascino delle sue atmosfere tra il fantasy e il medievale (notevole, a proposito, il passo in avanti nella qualità grafica, specie nelle ambientazioni). Proprio quelle caratteristiche che distinguono la serie dalla concorrenza; una serie che con SoulCalibur V tenta la strada del reboot, riuscendoci solo in parte.
Sviluppato da Project Soul e pubblicato da Namco, SoulCalibur V è disponibile dal 3 febbraio 2012 su Xbox 360 e PlayStation 3.
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Enrico Santi
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http://www.geekjournalist.it Sergio Giannone
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