Double Fine Happy Action Theater

Double Fine Happy Action Theater, l’apoteosi del non-sense

di • 31 gennaio 2012 • RecensioneCommenti (1)1912

Non ci sono vinti, né vincitori. Solo un gruppo di amici che rinuncia alla propria dignità in un’apoteosi di non-sense. I bambini probabilmente ne apprezzeranno il lato (per certi versi) magico e gli adulti si faranno trasportare da loro all’interno di questa atmosfera surreale, dove il salotto è ora un giardino da seminare, ora un mare incantato o un ammasso di lava bollente. A meno che non si tratti del succitato gruppo di amici, ubriachi anzichenò.

Alcuni dei 18 stage di Double Fine Happy Action Theater sono dei semplici mini-giochi di realtà aumentata (come quelli già descritti), gli altri sono qualcosa di indefinibile, qualcosa che solo la mente di Tim Schafer avrebbe potuto partorire e che, non ci sono dubbi, colpiscono in pieno il suo target di riferimento. È un gioco che lo stesso Tim, in occasione dell’annuncio, aveva definito adatto “alle stanze dei dormitori dei college piene di vent’enni ubriachi”. Ecco, appunto, colpito e affondato.

Giocarlo da sobrio, da solo, come ho fatto io, non è esattamente il massimo della vita. D’altra parte, si sa, ubriacarsi in solitudine è altrettanto triste e potenzialmente deleterio, per cui mi sono dovuto adattare. Ma immaginiamo una leggera sbornia, una serata invernale tra vecchi e cari amici e un sensore Kinect che, facendo “sì” con la testa nell’unico movimento che gli riesce bene, si prepara a godersi lo spettacolo, proprio come farebbe l’immancabile amico astemio quando tutti gli altri stanno già al terzo cocktail e hanno iniziato a dare di matto.

Sembra quasi una puntata di Takeshi's Castle!

Il gioco si avvia direttamente senza inutili passaggi tra inutili menù, nessun testo esplicativo, nessun tutorial: i nostri amici se ne sarebbero comunque infischiati; e allora via, togliamoli: una scelta di design tanto coraggiosa quanto intelligente. In linea con il target, diciamo così. Si apre il sipario e parte una carrellata di attività: c’è il giardino da seminare; c’è la bufera, che ricopre il pavimento di neve fresca, pronta per trasformarsi in corpose palle da lanciare. Insomma, tutta una serie di robe da fare, ma quando parte quella dannata musica… il delirio. Luci psichedeliche, pista da ballo, le sagome dei giocatori iniziano a distorcersi, ondeggiando. Si chiude il sipario, si riapre: altro mini-gioco. Su una musica (questa musica) dalle sonorità 8-bit parte un video in stile Bohemian Rapsody, ma se ti fermi la musica rallenta. Sì, sì, ve l’ho detto, non-sense.

Poi c’è anche la rivisitazione di grandi classici dell’era arcade, come Space Invaders… una noia da soli, ma in 6 giocatori dovrebbe promettere scontri, ematomi a go-go e lampadari frantumati. Kinect all’ennesima potenza, insomma. Questo è, in fondo, Double Fine Happy Action Theater. Un gioco più che un videogioco (niente punteggi, solo qualche achievement sparso qua e là). È quel brutto vino da 800 Microsoft Points che tiri fuori per le serate tra amici, ma che poi scende giù come fosse acqua fresca. L’espressione massima dell’arte di Tim Schafer sotto forma kinectiana. Alcol non incluso nel prezzo.


Sviluppato dalla Double Fine di Tim Schafer in esclusiva per Xbox 360, Double Fine Happy Action Theater richiede un sensore Kinect e sarà disponibile dal 1 febbraio sul Marketplace di Xbox Live, al costo di 800 Microsoft Points.

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  • Enrico Santi

    Per me questo gioco è stupendo!In compagnia ovviamente.
    Io di solito sono quello astemio che filma gli altri mentre si dilaniano!