Il mio rapporto con Assassin’s Creed è sempre stato controverso. Le alte aspettative per il primo episodio (2007) impattarono violentemente con un prodotto che, nonostante mettesse subito in mostra le sue potenzialità, ai miei occhi – e non solo – aveva l’aspetto di una demo tecnica. La delusione si trasformò in scetticismo nei confronti del secondo episodio (2009), che giocai con ritardo e non portai mai a conclusione. Iniziò proprio lì la storia di Ezio Auditore, l’Assassino tutto italiano, erede di quell’Altair che nel prequel, ambientato durante le Crociate, saltava tra i tetti di Gerusalemme e le strade di Damasco. Due anni dopo, quello che ho tra le mani è il secondo spin-off di una serie che, di fatto, non sono mai riuscito ad amare, pur essendone incredibilmente attratto. Una serie di cui bramo da anni – due, appunto – un vero sequel. E che invece ha corso (e sta correndo tutt’ora) il rischio di trasformarsi nel Call of Duty di Ubisoft. Nel bene e nel male.
Brotherhood e Revelations, due facce della stessa medaglia. Due prodotti ricalcati sulla stesso modello – quello vincente, almeno nel 2009, di Assassin’s Creed II - e arrivati sul mercato a cadenza annuale, manco si trattasse del FIFA di turno. Il mio scetticismo, mi capirete, non ha potuto non acuirsi. Eppure Brotherhood, da bravo italiano, l’ho assaggiato, l’ho apprezzato. Me la sono proprio goduta quella Roma virtuale che avevo appena intravisto nel secondo episodio; mi sono goduto il multiplayer, la novità dell’anno; mi sono gustato le nuove armi. Ma anche in questo caso, non sono riuscito a finirlo: per me, c’è sempre stata qualcosa che non va in questa serie. Non saprei dirvi esattamente cosa: forse il gameplay è troppo dispersivo, o forse (ormai) mi annoio troppo facilmente.
Spero non vi siate annoiati voi: mi perdonerete (vero?) per la lunga, lunghissima introduzione. Tuttavia, credo che quanto potrei dirvi sul nuovo Assassin’s Creed Revelations non sia molto diverso da quanto vi ho appena detto in merito a Brotherhood. Togliete Roma, mettete Costantinopoli (Istanbul). Andate 12 anni avanti nella linea narrativa (siamo sempre nel XIV secolo, nel 1511), un po’ di barba bianca al vecchio e caro Ezio ed eccoci qui, a parlare del terzo e conclusivo episodio di questa “trilogia nella trilogia” (perché il terzo AC, quello vero, è già in sviluppo e uscirà a fine 2012).
È un capitolo che va a concludere la storia di Ezio Auditore: i percorsi dei tre personaggi chiave della serie (Desmond, Altair e, appunto, Ezio) si ricongiungono e aprono la strada verso un nuovo filone narrativo. Chi si è appassionato alle vicende dell’assassino toscano, insomma, ha avuto senza dubbio ciò che voleva. Revelations non prova a ri-allargare il bacino d’utenza della serie, quanto a onorare la fiducia (riuscendoci) di chi negli anni ne è diventato un fan accanito, tanto da sorvolare sui difetti che il franchise, pur con i dovuti smussamenti, continua a portarsi dietro. Perché una trama interessante e intrecciata, vero punto di forza della produzione, non può coprire del tutto (e per sempre) il processo di invecchiamento di una formula di gioco ormai sviscerata. Pochi gli spunti di gameplay di Revelations; non vanno oltre l’introduzione di un paio di nuove armi (vedi: la lama uncinata, con cui è possibile aggrapparsi con più decisione alle sporgenze; le bombe, di tre tipi e in grado di aggiungere un pizzico di tatticismo all’azione). Anzi, il sistema di combattimento, tallone d’Achille della serie, è addirittura semplificato e, onestamente, risulta ancor più limitato alla luce di quanto visto in Batman: Arkham City.
Il vero piacere resta legato all’esplorazione. Il sistema di allerta è stato rivisto (adesso basta comprare delle armi, ad esempio, per aumentare il proprio livello di notorietà) ma non desta mai particolari preoccupazioni: svincolarsi dai combattimenti non è molto complicato; affrontarli non lo è affatto (anche in gruppo, si tratta sempre di un uno contro uno). Degne di menzione, ma solo perché si tratta di una novità, le fasi in cui i nostri rifugi subiscono un attacco da parte dei Templari, e il gioco si trasforma per qualche minuto in un vero e proprio tower defence. Mentre con Desmond, in quelle sezioni d’intermezzo ambientate in una sorta di limbo (che rappresenta la mente del ragazzo, ormai sovraffatta dall’Animus) Revelations abbozza addirittura una visuale in soggettiva, fingendosi un platform.
Poche, piccole novità. Assassin’s Creed Revelations non è – e non voleva essere – la rivoluzione, quanto piuttosto la rivelazione. Abbiamo concluso un ciclo e, personalmente, non vedevo l’ora. Tuttavia, la voglia di rivoluzione (magari francese, chi lo sa) resta. E, se non vorrà finire per essere odiato (almeno da chi vi scrive, come è successo al già citato Call of Duty), Assassin’s Creed III dovrà farla. Anche al costo di saltare un’annata.
Sviluppato tra Montreal, Quebec, Singapore e Bucarest dalla francese Ubisoft, Assassin’s Creed Revelations è disponibile dal 15 novembre per Xbox 360 e PS3. La versione PC sarà disponibile a partire dal 1 dicembre.