È così bello vedere che le tue critiche vengono accolte da chi le riceve. Conclusa “con successo” una massiccia operazione di licenziamenti – dovuti al taglio di un progetto, per scelta di un anonimo editore (probabilmente Sega), nelle sue fasi conclusive – Silicon Knights sembra intenzionata a rimboccarsi le maniche e a lavorare perché non si ripetano più gli errori dell’ultimo triennio. Credo sia più una questione di stimoli che di talento, se consideriamo che Too Human, pur non essendo il capolavoro di questa generazione, era in gran parte salvabile (poi lo sapete, a me fa ancora impazzire).
Ecco cosa sta succedendo. La software house canadese ha un nuovo progetto in cantiere, e questa è un’ottima notizia. Non si tratta di un tie-in, e questa è una straordinaria notizia. Riporterebbe gli uomini di Denis Dyack (che in questi giorni ha dovuto licenziare persino sua moglie) alle proprie radici, e questa, sì, è la migliore di tutte.
“La compagnia sta riorganizzando i propri obiettivi, ritornando alle sue radici e lavorando a uno dei suoi titoli più richiesti per la nuova generazione”, ha dichiarato un portavoce ai microfoni di Kotaku. “Stiamo discutendo con altri potenziali partner”.
Come forse saprete, oltre ad aver perso la moglie – mi auguro come semplice collega -, Dyack non ha neppure un publisher. Il che è da un lato positivo, perché significa che Activision resterà fuori dall’intera faccenda, ma dall’altro solleva più di un dubbio sulla fiducia che i canadesi riscuotono nel panorama dell’industria videoludica. I recenti buchi nell’acqua, oltre alle vendite insoddisfacenti di Too Human (settecento mila i dischi distribuiti worldwide) e X-Men, si stanno certamente facendo sentire.
Ma c’è il ritorno alle origini, questo moto d’orgoglio che, scavando nel passato comunque glorioso della software house di St. Catharines, Ontario, potrebbe fungere da richiamo per una manciata di facoltosi editori. Esclusa Microsoft, scottata ma non del tutto fuori (spero) dalla già citata avventura norrena e più orientata verso Epic Games dopo la triste disputa sull’uso dell’Unreal Engine, mi viene da pensare ad Electronic Arts, che qualche interesse in Canada (i suoi sportivi vengono sviluppati a Burnaby, nella British Columbia) ce l’ha, e a Square Enix, sempre intenzionata a ramificare i propri interessi nell’emisfero occidentale. Un bel contratto di pubblicazione e distribuzione, e via, verso nuovi lidi o ultime spiagge: punti di vista.
Resta da scoprire a quali origini si riferisse il portavoce di cui sopra. Facciamo i proverbiali conti nelle tasche di Silicon Knights, che ultimamente è la mia attività preferita.
Tenendo fuori dal conteggio le quattro produzioni pre-Playstation, il porting del primo Metal Gear Solid su Gamecube (appena settanta mila copie vendute) e l’abominevole X-Men Destiny, con cui sono state finora piazzate duecento mila unità per quattro piattaforme, restano a disposizione di eventuali reboot Blood Omen: Legacy of Kain ed Eternal Darkness: Sanity Requiem. Salvo acquisizioni e/o accordi con Square, la pista di un nuovo Blood Omen mi sembra poco praticabile, pur suscitando in chi vi scrive una certa curiosità: ricordo con piacere il gioco e il suo seguito per Xbox, Blood Omen 2, rilasciato quando la serie era già passata nelle mani di Crystal Dynamics (Tomb Raider). Terrei dunque questa voce come extrema ratio, una piacevole sorpresa, insomma, ma nulla per cui pregare di notte.
Per quanto riguarda Eternal Darkness, pubblicato sotto l’egida di Nintendo e prodotto nientemeno che (anche) da Shigeru Miyamoto e Satoru Iwata, le speranze sono già più fondate: è vero che il coinvolgimento nello sviluppo dell’IP da parte del colosso di Kyoto fu elevato, ma non bisogna dimenticare che design e trama furono interamente curati da Dyack. Questo significa che, pur non conoscendo gli interessi rimanenti del platform holder nell’azienda nordamericana (di cui peraltro possiede o possedeva un bel po’ di azioni), è lecito immaginare che SK potrebbe agilmente liberarsene, continuare a sviluppare da multipiattaforma e rendere il thriller psicologico un autentico franchise. Niente male, aggiungo, guardando alla qualità dell’esclusiva Gamecube.
Senz’altro something must be done, dicono gli anglofoni con una particolare attenzione al concetto del “dovere”. Davanti ai nostri occhi di videogiocatori, infatti, si sta consumando il peggiore spreco di risorse umane ed economiche dell’industria, a causa di scelte sbagliate e strategie spesso paranoiche. Soltanto un aiuto dall’alto, in particolar modo sullo sviluppo di un nuovo motore grafico, sembrerebbe ora in grado di risollevare questa situazione tragicomica.
Potrebbe interessarti anche...
-
Simone Ferraro
-
http://www.facebook.com/kamui.black Nello De Luca
-
Anonimo
-
Simone Ferraro
-
-