GTA III compie dieci anni. Ricordo che ci giocai per la prima volta sul mio vecchio, vecchissimo PC. E che portai a termine sì e no un paio di missioni, perché ero troppo impegnato a guidare il mio bel pullman: a volte rosso, a volte blu. Percorrevo chilometri e chilometri in quella che, in un futuro non troppo lontano, avrei conosciuto come Liberty City. Una metropoli variegata, a tratti collinare, con stradine in salita e un sacco di tetti su cui ripararsi e lanciare granate: quante carneficine, quante stragi di innocenti. Una, due, tre, quattro, cinque stelline: quegli elicotteri mi avrebbero seguito persino nell’oltretomba, per eliminarmi e ristabilire il naturale ordine delle cose.
Questo è il mio GTA III. Vi invito a mostrarmi la vostra esperienza nei commenti qui sotto, dopo esservi goduto il trailer - a fondo post – che Rockstar ha preparato per celebrare il compleanno del suo masterpiece – nel frattempo, dedichiamoci ai numeri che hanno decreatato il successo di un gioco e la consacrazione di una serie. Partiamo proprio dal festeggiato.
GTA III, rilasciato nel 2001 per Playstation 2, è manco a farlo apposta il terzo episodio più venduto della saga. Ben 11.60 milioni di copie vendute in tutto il mondo, con un leggero differenziale tra le Americhe (6.55) e i territori EMEAA (4.69). Credo sia proprio grazie a tale episodio che il franchise abbia acquisito l’attuale valore: Grand Theft Auto si impone come modello di assoluta libertà, senza trascurare la trama (le avventure di Niko Bellic ne sono un esempio) ma, possibilmente, non dimenticando le note di spensieratezza che hanno distinto i titoli di maggiore successo. Nella fattispecie, parlo di GTA: San Andreas, in assoluto il più acquistato tra i prodotti appartenenti al franchise (gli incredibili dati raccontano di 19.15 milioni di unità commercializzate), e Vice City, distanziato a soli cinque milioni – 14.20 per una “puntata” che, comunque, non ha fatto impazzire i veterani. Sta di fatto che, se Rockstar ha tentato in tutti i modi di riproporre una formula simile in The Ballad of Gay Tony, peraltro riuscendoci, queste uscite hanno funzionato. Hanno funzionato alla grande: la versione retail di Episodes from Liberty City, in cui venne incluso anche il DLC The Lost and Damned, ha raggiunto l’ottimo traguardo di 2.92 milioni tra Xbox 360 e PS3.
Per chiudere il cerchio, senza citare i capitoli minori (con cui la serie arriva al record di 94.91 milioni di giochi sul mercato), toccherei il tasto della sperimentazione: quella del primo GTA, quando ancora la visuale era dall’alto, riuscita con vendite per 2.32 milioni; quella del secondo, forte però di radici già piuttosto consolidate, finalizzata con appena un milione in più; quella di GTA IV, sulle piattaforme di ultima generazione, straordinaria affermazione del talento di Rockstar con 17.51 milioni di copie vendute – uno in più per la versione Xbox 360, se ve lo state chiedendo.
Ho posto non a caso GTA IV nel ramo delle “sperimentazioni”: un’inusuale verve narrativa, ritenuta da alcuni eccessiva, ha infatti esordito in un franchise tipicamente avaro di emozioni. Un esordio che, parliamoci chiaro, ha fatto storcere il naso a moltissimi, persino al sottoscritto: ci piace la trama, ci piace la regia studiata per i colpi di scena, ok. Ma da qualunque cosa indossi il nome di Grand Theft Auto pretendo ben altro: il cazzeggio di Gay Tony, ad esempio. Quello era GTA. L’idiozia del cugino di Niko, Roman, quello era GTA. Non me ne voglia Bellic: dei suoi problemi, del suo arrivo in America e del suo passato turbolento non me ne può fregar di meno. Fammi prendere quel pullman e mettere a ferro e fuoco la dannata Liberty City!
Quando sarà il momento, classificherò GTA V (pare non sia una questione di “se”, ma di “quando” – e che su questo “quando” verrà presto fatta chiarezza) come sperimentazione o tradizione. Per ora mi chiedo, qual’è la strada che vuoi percorrere, cara Rockstar?
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Anonimo