Dando fine all’enorme flusso di rumor che era partito a inizio anno, Capcom ha annunciato la Devil May Cry HD Collection, un pacchetto in cui il publisher nipponico includerà i primi tre episodi dell’avventura di Dante rivisitati per l’alta definizione.

Al prezzo budget di $40 (che non sappiamo a quanto corrisponderanno in Europa), la Collection garantirà supporto agli Achievement di Xbox 360 e una serie di bonus non meglio precisati.

Un’uscita del genere, così desiderata da un punto di vista ludico, richiede però un’attenta analisi sui numeri. Capcom sta infatti spingendo sugli episodi migliori della serie, unanimamente il primo e il secondo, per costruire l’immagine di DMC, il reboot in lavorazione presso Ninja Theory (Enslaved, Heavenly Sword); non c’è dubbio che il ricordo di tali capitoli sia indelebile nella memoria dei videogiocatori, specie quelli di sponda “sonara”, e che dunque possa costituire un traino per le vendite del ritorno di Dante.

Letto d’un fiato, il numero di 9.16 milioni di copie vendute fatto registrare dal franchise asiatico è impressionante. Proviamo a spalmarlo su dieci anni e ben sei videogiochi, prima di trarre le dovute conclusioni.

Il primo Devil May Cry è senza dubbio il titolo di maggior successo commerciale nella storia della saga: il totale di 2.78 milioni worldwide, con una netta tendenza all’americanizzazione (1.30 milioni sono degli Stati Uniti), rappresenta un inizio straordinario per una IP inedita. E, tutto sommato, un nuovo modo di giocare, che sarebbe poi stato mutuato dai tanti action della scorsa e attuale generazione – God of War e Ninja Gaiden in primis. Devil May Cry 2 e 3 mostrano un evidente calo nella distribuzione: 1.82 milioni il secondo episodio, 1.98 il terzo (tra Dante’s Awakening e Dante’s Awakening Special Edition) – forse già “all’epoca” c’era bisogno di ristrutturare un genere che aveva smesso di stupire gli utenti. Sta di fatto che l’era Playstation si chiude con circa 7 milioni di copie piazzate per il globo: un bottino niente male per un’esclusiva.

L’esordio multipiattaforma del brand riscuote l’acclamazione sperata, portando con se buoni voti e, cosa più importante, ben 2.58 milioni di pezzi smerciati. Devil May Cry 4 resta più venduto su PS3 per circa centomila copie, segno che il marchio esercita un forte appeal anche sulla nuova utenza – quella “boxara”, che, meglio farci l’abitudine, detiene un grande potere nell’economia della next-generation.

Era dunque necessario ricominciare? Era giusto abbattere un franchise appena affacciatosi alla generazione Xbox 360/PS3?

Nell’esprimere il mio giudizio in materia, sono letteralmente diviso a metà, tra i più che leciti interessi di Capcom – affidare il gioco a una software house esterna, rischiare il cambiamento per poi spacciarlo, in caso di flop, come spin-off del filone principale – e l’idea che sia sempre apprezzabilmente coraggioso lasciarsi il passato alle spalle. Il calcolo dei capoccia giapponesi non è errato neppure da un punto di vista commerciale: al di là dei boost dovuti agli esordi (Devil May Cry su PS2, Devil May Cry 4 su Playstation 3 e 360), la serie non ha entusiasmato più del dovuto, allarmando un team di creativi non proprio eccelso e chi lo finanziava.

Se due più due continua a fare quattro, c’è da scommettere sul cavallo DMC. Sul fatto che il capitolo in sviluppo a Cambridge sarà il più venduto dell’intero ciclo. Chiamiamolo “effetto esordio”, ma Devil May Cry di inizi non ne ha mai sbagliato uno.

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