Gears of War 3 - Marcus Fenix

Gears of War 3: no hype, no party?

di • 18 settembre 2011 • RecensioneCommenti (1)2956

Una cosa è certa: l’uscita di Gears of War, nel 2006, fu una svolta. Ennesima dimostrazione che quello dei videogiochi è un mercato guidato dal successo – se c’è – di quelle (poche) produzioni che di tanto in tanto hanno il coraggio di introdurre qualcosa di nuovo. Fu così per Halo (non voglio andare troppo indietro), è fu così anche per Gears of War: ondate di giochi sono nate e cresciute sulle loro orme. Ondate.

In uno scenario di questo tipo, Gears of War non doveva (e forse non poteva) far altro che restare sé stesso. E così è stato. Il secondo episodio è intervenuto soltanto là dove bisognava farlo per rendere il franchise, e il suo universo, qualcosa a cui gli utenti Xbox potessero aggrapparsi nella latitanza, reale o percepita, del beniamino di casa Bungie. Il terzo capitolo continua sulla stessa strada e il risultato, specie in vista della sua uscita, è la mancanza di aspettative e di attesa, di quell’eccitazione che precede il lancio dei grandi sequel e che volgarmente, e comunemente, chiamiamo hype.

Anche i personaggi femminili, questa volta, ricoprono un ruolo da protagonista nelle vicende.

Siamo onesti. Gears of War 3, di hype, non ne ha generato. E non solo in chi vi scrive: basta parlare con un utente Microsoft a caso, purché non sia un fanboy. Ma un gioco è quello che è, e certamente non si giudica in funzione dell’attesa che riesce a generare. Cos’è, allora, Gears of War 3? Nessuna necessità di usare toni epici e sensazionalistici, come in molti hanno già fatto e altri, probabilmente, continueranno a fare. La nuova produzione di Cliff Bleszinski e del suo team è semplicemente il prosieguo, nonché la degna conclusione, di una trilogia che ha senz’altro segnato l’attuale generazione videoludica. Un titolo quindi di indubbio spessore, solido e maturo, ma che di certo non contribuisce a fissare nuovi standard per l’industria. E onestamente non credo che questo rientrasse tra gli obiettivi di Epic Games. Insomma, non facciamogliene una colpa.

La strada segnata dal secondo episodio, quella caratterizzata da un taglio più fortemente cinematografico, è battuta con decisione anche dal terzo. In Gears 2 avevamo imparato a conoscere meglio i componenti della squadra Delta; qui, le loro emozioni affiorano in modo ancor più evidente. Merito anche di una trama leggermente più articolata ma che, sia chiaro, non riesce comunque a staccarsi dalla linearità tipica, nel bene e nel male, della serie. D’altra parte, stiamo parlando di uno sparatutto e la storia, pur scimmiottando i tratti del poema epico, resta di puro contorno all’azione. Certo, non mancano i colpi di scena, raccontati anche attraverso immagini e sequenze filmate molto evocative, ma la narrazione (tranne in un paio di occasioni) fatica a intrecciarsi con il gameplay e resta, alla fine dei conti, in superficie. È evidente, in ogni caso, il maggior impegno del team sotto questo aspetto. Bisogna come minimo riconoscerlo.

Come da tradizione, dunque, il nucleo del gioco si rispecchia nel gameplay puro. E visto da questa prospettiva, Gears of War 3 non sbaglia un colpo. Ritmi serrati, frenetici. Si spara, e si spara tanto. Per cercare di descriverlo vi propongo un piccolo paradosso: potremmo dire che, entro i limiti della sua ripetitività, il gameplay di Gears of War 3 è molto vario. Il titolo, di fatto, riesce contemporaneamente a divertire e a innervosire, per una serie di ragioni. Gli scontri a fuoco si susseguono con ripetitività; una monotonia camuffata solo dalla varietà delle ambientazioni (che si alternano più che in passato tra il cupo e il solare) e delle situzioni di contorno. Il risultato di questo strano mix si palesa nel giocatore con uno stato d’animo di perenne tensione: stai per raggiungere il limite della sopportazione per l’ennesima (forse, speri, l’ultima) ondata di nemici, ma c’è qualcosa che ti spinge ad andare avanti, a non mollare, con fare quasi masochistico. È così che riesci a superare la prima parte della campagna – senza dubbio meno emozionante e accattivante della seconda. E lo fai senza rendertene conto, avvolto e assorto in quell’estasi bellica. Una sorta di trance agonistica controllata. Tutto ciò vuol dire solo una cosa: chi ha amato il franchise continuerà ad amarlo e si innamorerà a prima vista anche di questo terzo episodio. Chi non l’ha mai amato, diciamolo, non cambierà di certo adesso la sua opinione.

Nel corso della campagna si incontrano nemici vecchi e nuovi: tra questi ultimi, una nuova specie chiamata "Splendenti". Scoprirete giocando la loro natura.

Gears of War 3, de facto, è la summa dei desideri dei fan più accaniti: conoscere meglio i personaggi (fatto); avere risposte a tutte le domande rimaste aperte nel capitolo precedente (fatto); concludere la storia e non rimanere delusi dal finale (fatto). Queste le principali voci nella to do list di Cliff Bleszinski. Ne ho tralasciata volutamente una, il multiplayer, perché è quella su cui vale la pena spendere qualche parola in più. Anche sotto questo aspetto, Gears 3 risponde esattamente alle richieste dei fan (complice il periodo di beta-testing primaverile di cui Paolo vi ha già parlato ampiamente a tempo debito). Server dedicati, sistema di matchmaking rivisto e più stabile, migrazione dell’host in caso di disconnessione (una vera manna dal cielo) e, in generale, un maggior senso di completezza, grazie all’introduzione di nuove mappe (e la rivisitazione di alcune tra quelle classiche) e nuove modalità: Bestia, annunciata all’E3 2010 (una sorta di Orda dove si controllano le Locuste), Orda 2.0 (evoluzione della precedente, con l’introduzione di un sistema di accumulo di denaro – da spendere tra un’ondata e l’altra per l’acquisto di armi, torrette e quant’altro), e infine la co-op a quattro giocatori per la campagna.

Questa l’offerta di Gears of War 3. Che – e ritorniamo a parlare della campagna, ma non solo – anche sul fronte tecnico e artistico non è certo povera. L’Unreal Engine, ormai, lo conosciamo bene, con i suoi pregi e i suoi difetti, ma in Gears 3 a venir fuori sono i pregi: i personaggi sono più dettagliati, puliti, e l’introduzione di nuovi effetti di luce è stata fondamentale per rendere al meglio la nuova direzione artistica degli scenari, alcuni particolarmente grigi (quel grigiume tipico, in particolar modo, del primo capitolo); altri, al contrario, molto più solari. Un contrasto usato spesso anche in termini simbolici, quasi a voler sottolineare particolari fasi e pieghe della trama. Ricca, questa volta, anche di protagoniste, oltre che protagonisti, ma sempre e comunque caratterizzata da quell’atmosfera spaccona che si concretizza in dialoghi infarciti di parolacce. Insomma, sapete come funziona.

Avevo detto in apertura di non voler usare toni epici e sensazionalistici. Non lo farò neanche in chiusura. Gears of War 3 è, obiettivamente e sotto tutti gli aspetti, il miglior episodio della trilogia. Un lavoretto pulito, di fino, da promuovere più con un well done! che con un capolavoro. Non rivoluziona la formula, ma la migliora. Lo volevano i fan, lo voleva Epic Games. E se questo era anche l’obiettivo di Bleszinski, beh, ha fatto sicuramente centro.

Potrebbe interessarti anche...

  • Liopold94

    Direi che è un ottimo titolo…concordo su tutto quello che hai scritto.
    Anche se secondo me è un vero capolavoro, è il top del suo genere, gli altri TPS sono ormai una copia delle meccaniche di GOW.