Ho aspettato per poco tempo, in sincerità, l’uscita di Dead Space 2. Il primo capitolo della saga Visceral Games/EA l’ho finito una manciata di giorni prima della fatidica data, causa calo spaventoso di interesse nel mezzo del cammin di Isaac Clarke; lo stesso, nonostante un miglioramento generale della produzione, mi è successo con il nuovo episodio targato California e ambientato sulla spaziale-ma-non-troppo Sprawl. Ancora una volta mi trovo a chiedermi se si tratti di un problema personale con il povero, folle e un tempo taciturno ingegnere, o se davvero questa serie abbia parecchio materiale sul quale interrogarsi.
[img alt='Le sezioni dal taglio cinematografico sono ancor più presenti che in passato.']/immagini/Articoli/category1505/picture114188.aspx[/img]
Di certo, molte domande se le sarà poste il già stracitato protagonista, quell’Isaac Clarke che, scampato miracolosamente alle vicende del capostipite, atterra senza saperlo né volerlo su un altro incubo galleggiante. Lo fa con un bagaglio di problemi mentali ereditati dal contatto con il Marchio e che lo seguiranno a vista sulla colonia umana nello spazio aperto, per un’esperienza talvolta simile (tributo o scimmiottatura?) ai fasti di Silent Hill; non tenterò di riesumare il ricordo di giorni ormai andati, ma non ho dubbi sul fatto che l’horror su console sia cambiato molto, e che questo cambiamento sia stato letto alla grande dagli sviluppatori di Visceral Games. Che anzi ne sono i maggiori interpreti, a differenza di una Konami ristagnante e spesso subdola, soprattutto quando finisce per proporre titoli pre-stampati e affidati a perfetti sconosciuti.
Chiusa la parentesi del retrogaming che proprio non vuole lasciarmi in pace, posso giungere al punto della questione: Dead Space 2 è un clamoroso esempio di more of the same. Lo è non per scelta, ma per forza di cose. L’innesto del comparto multiplayer à la Left 4 Dead finisce col semplicemente non aggiungere niente rispetto al passato (poche modalità, poca gente), ed è così che l’utente si trova a fare i conti col solo single-player, stiracchiato su ben due DVD nell’edizione Xbox 360 ma tutt’altro che dissimile, per durata, in confronto al primo capitolo della serie – non aspettatevi, quindi, di giocarci per più di una quindicina d’ore. D’altro canto, comunque e per fortuna, l’esperienza solitaria è molto soddisfacente.
[img alt='La palette di colori è maggiormente varia rispetto a quella del primo Dead Space.' align='center' width='400']/immagini/Articoli/category1505/picture114187.aspx[/img]
Se la storia ruota, come anticipato in apertura, intorno ad alti e bassi che portano, tra un colpo di scena e l’altro, su binari piuttosto scontati, è il coinvolgimento del giocatore a toccare vette di rara (in questa generazione, almeno) profondità: il 90% del gioco non spaventa, parliamoci chiaro – quando avrete imparato i trucchetti che i developer hanno utilizzato per farlo non sarete neppure solleticati dall’idea della paura – ma il mix dei flashback e delle location drammaticamente belle restituisce un feedback emozionante. Vi ritroverete più di una volta a fermarvi e ruotare la camera per osservare le architetture gotiche della chiesa di Unitology, oppure quel meraviglioso quanto inquietante asilo, dove, tra l’altro, avrete modo di incontrare qualche creatura mai vista prima eppur non troppo letale; i giochi di luce e la varietà delle location, sebbene con un ritoccato (al ribasso, naturalmente) back-tracking, aggiungono dunque gradevolezza all’avventura del disperato ingegnere nordamericano.
Traendo le somme da quanto sviscerato finora (o, forse, dovrei dire "smembrato"?), Dead Space 2 mi è piaciuto ma non ha raggiunto la maturità che, personalmente, gli richiedevo. Non l’ha fatto né sul piano del plot – anche se resterà nella storia videoludica lo straordinario incipit – né su quello prettamente ludico, ampliato da nuove armi e migliorie nel sistema di controllo (la gravità zero non sarà problematica come nel predecessore) ma manchevole nell’innovazione del multigiocatore. Ciononostante, mi sembra persino logico, non vedo l’ora di mettere le mani sul terzo (e conclusivo?) episodio del franchise EA.
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