Recensione – DeathSpank (Live Arcade)

di • 17 luglio 2010 • RecensioneCommenti (0)870

Probabilmente vi stupirà l’inizio di questa recensione ma, quando dietro al gioco di cui presto vi andremo a parlare c’è la sapiente mano di Ron Gilbert, è quantomai doveroso spendere qualche minuto per conoscere meglio il personaggio che, e possiamo dirlo senza troppi giri di parole, rappresenta un pezzo di storia dei videogiochi. I lettori più svezzati avranno già eletto questo incipit come il più noioso di sempre ma, è sicuro, non potranno fare a meno di ripensare, magari con un po di nostalgia, al loro passato di videogiocatori.

Ron Gilbert, oggi quarantaseienne, dopo aver lavorato a lungo come programmatore fu assunto da LucasArts che, tra il 1987 e il 1991, contribuirà a far diventare grande grazie a capolavori quali Maniac Mansion, Zac McKracken, Indiana Jones e l’Ultima Crociata e, ovviamente, i primi due capitoli di Monkey Island. Dopo aver abbandonato la software house statunitense, Gilbert si è dedicato a una serie di titoli minori per poi approdare nel 2007 presso HotHead Games, dove,  divenuto direttore creativo, ha realizzato DeathSpank, titolo che il designer dell’Oregon, come ha dichiarato qualche giorno fa, è nato per sviluppare.

Il protagonista della folle avventura che andrete a vivere è DeathSpank (letteralmente sculacciata mortale) che, convinto di essere un grande eroe, decide di imbarcarsi in qualcosa che ben presto si rivelerà più grande di lui, alla ricerca di un’artefatto che una donna dai capelli rossi gli chiederà di trovare. Come già successo con Monkey Island, a rendere spassose le vicende è “l’inadeguatezza” del personaggio, calato in un ruolo che non gli appartiene e che finirà per strapparvi più di un sorriso ogniqualvolta il nostro eroe improvvisato apra bocca. Purtroppo, quello che rappresenta uno dei veri punti di forza di questa produzione finirà per limitare l’esperienza di gioco ai non anglofoni, non permettendo a chi non mastica bene l’inglese di cogliere tutta una serie di citazioni o situazioni davvero simpatiche. DeathSpank è essenzialmente un “hack ‘n slash” con elementi da gioco di ruolo e una componente avventurosa che riesce a mitigare un generale senso di ripetitività che, alla lunga,  molti potrebbero avvertire. Compito del giocatore sarà completare quest divise in primarie e secondarie (o, per dirla alla maniera del protagonista, importanti e non troppo importanti) sterminando i numerosissimi e vari nemici che incontrerete con l’aiuto di un’infinità di oggetti ed equipaggiamenti da portare con voi.

Le meccaniche di gioco riprendono quelle già viste nei classici appartenenti al genere,  distinguendosi per la particolarità di assegnare a ciascuno dei quattro pulsanti frontali un’arma diversa dando al sistema di combattimento una varietà che scongiura il rischio noia e, nello stesso tempo, da profondità a scontri che altrimenti finirebbero per rivelarsi troppo semplicistici. Se il menù adibito alla gestione del personaggio risulta chiaro e di facile navigazione, lo stesso non si può dire del sistema di crescita: poco gratificante per gli appassionati, non presentando voci quali forza, agilità, resistenza ecc. da migliorare costantemente, ma solo un  aumento di livello determinato dal ritrovamento di alcune carte-abilità che, disposte opportunamente, influenzeranno le vostre caratteristiche. Come accennato in precedenza, DeathSpank ci darà modo di esplorare il mondo di gioco, tra un combattimento e l’altro, di risolvere qualche piccolo enigma e fare la conoscenza dei bizzarri abitanti che lo popolano. Con questi sarà possibile interagire (e ve lo consigliamo, visto il divertimento che vi regaleranno) attraverso un sistema di dialoghi a scelta multipla che ricorda molto quello visto in Mass Effect; ma, al contrario di quanto avviene nel capolavoro Bioware, le vostre scelte non influenzeranno in alcun modo il corso dell’avventura. Simpatica anche se poco approfondita la modalità cooperativa in cui un amico, condividendo la barra dell’energia, potrà vestire i panni del mago Sparkles the Wizard che, ahinoi, diversamente dal personaggio principale, non può essere personalizzato in alcun modo.

Tecnicamente ci troviamo di fronte a un prodotto curato che fa della scelta dei colori e dell’ottima caratterizzazione dei personaggi la sua arma vincente. Di assoluto livello anche il doppiaggio che però, come già detto, richiede una buona conoscenza dell’inglese per essere apprezzato fino in fondo. Non sarà certo il Ron Gilbert di Monkey Island ma, in questo DeathSpank, il geniale designer è riuscito nel suo intento: divertire senza troppi fronzoli. Il suo difetto più grande è la ripetitività di fondo che, a lungo andare, potrebbe sopraggiungere: una maggiore varietà nel gameplay avrebbe giovato al titolo che comunque, grazie alle folli situazioni che vi farà vivere,  merita di essere giocato.

Voto complessivo: 7.5

 

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