Recensione – Pro Evolution Soccer 2010 (Xbox 360)

di • 16 novembre 2009 • RecensioneCommenti (0)829


Titolo: Pro Evolution Soccer 2010
Genere: Simulazione calcistica
Piattaforma: Xbox 360
Sviluppatore: Konami
Publisher: Konami
Data di rilascio: 23 Ottobre 2009

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Cresce, col passare degli anni, quel numero di quattro cifre che segue la denominazione Pro Evolution Soccer. Siamo arrivati, se teniamo bene il conto, all’iterazione 2010 della simulazione calcistica Konami e, forse per la prima volta nella nuova generazione, questa ha senso di esistere anche su Xbox 360.

[img alt='Lionel Messi e Alessandro Del Piero sono i testimonial di questa edizione.']/immagini/Giochi/category1884/picture97407.aspx[/img]

Ha senso perché presenta numerose e decisive differenze rispetto al concorrente di casa EA. Al soccer spumeggiante e ricco di spettacolarità made in Canada, infatti, il team di Shingo "Seabass" Takatsuka ha opposto un calcio lentissimo, ragionato fino alle estreme conseguenze. Quali? Noia e frustrazione, specie nel vedere che i nostri pupazzetti (come li definirebbe il buon Corrado Patrizi) si muovono a ritmi da moviola. Un plauso agli sviluppatori – che hanno tentato di riproporre la stessa lentezza del football europeo – ma questa formula, è evidente, non funziona: il forte rallenty applicato al gioco (ricordate quant’era veloce PES 2009) finisce col penalizzare troppo i movimenti dei calciatori, impossibilitati persino a voltarsi e, ardua impresa, effettuare dribbling di qualunque genere. Ne esce distrutto il puro divertimento, che aveva finora caratterizzato – pur con i suoi difetti – la serie, a suon di innaturali passaggi di prima dalla difesa all’attacco e con la speranza che la palla non venga mai intercettata: se vi dovesse capitare questa sventura (e vi capiterà, garantito), potrete pure dire addio a joypad e, in caso di mira eccezionale, televisore da 40 pollici. Altresì scellerata è l’idea di ritoccare il sistema di rigori che non segue ora alcun criterio logico: ci è capitato più di una volta di premere il solo tasto tiro (X) e vedere il pallone andare a lato, con potenza inaudita e, ovviamente, ben oltre i pali di nostro interesse; alla mappatura sfasata dei pulsanti si aggiunge un altro agghiacciante particolare: la telecamera, non capiamo le motivazioni di una tale mossa, non è piazzata alle spalle del rigorista, bensì di lato, confondendo ancor di più il povero utente con irragionevoli giochi di prospettiva. E non si parli di "simulazione hardcore": conosciamo bene lo sport (siamo italiani, d’altronde) e i prodotti che sinora sono stati proposti con tale appellativo. PES 2010 tenta di guadagnarsi il suddetto titolo ma, a conti fatti, mostra ancora una volta i limiti che può incontrare una squadra fatta di sviluppatori prevalentemente giapponesi; qualche capatina allo stadio, di tanto in tanto, non farebbe male neppure a colui che crede di essere il guru di questo genere.

Allo stesso modo, il reparto grafico ha subito un notevole restyling pur restando sulla stessa base degli anni precedenti. Il motore delle azioni, in parole povere, è lo stesso: ciò non toglie, tuttavia, che la resa visiva sia gradevole, particolarmente nella riproduzione da fermo e nelle introduzioni dei calciatori (magliette stropicciate et similia saltano all’occhio); in movimento, l’avrete intuito nei passi precedenti, resta forte la sensazione di legnosità – poco si è fatto per limare le animazioni – che accompagna gli undici sul manto erboso. Non manca all’appello il contorno: gli stadi, appurati i limiti del franchise su licenze e tecnica, sono riprodotti con una certa dovizia e riescono a trasmettere, specialmente nelle esibizioni di Champions League (confermate le licenze Uefa), lo stesso feedback degli incontri visti in TV; la telecronaca, ancora una volta affidata a Pierluigi Pardo e al simpatico Josè Altafini, mostra di essere sempre nel vivo dell’azione – non mancano sbavature, ovviamente, dovute al fatto che siamo in presenza di registrazioni e non commenti dal vivo – e livellata a dovere rispetto all’effettistica secondaria di cori e musiche, tra l’altro gradevoli nei menù.

[img alt='La nuova Master League di PES 2010 si suddivide in tre aree facilmente raggiungibili.']/immagini/Giochi/category1884/picture101440.aspx[/img]

Le modalità di gioco con cui siamo chiamati a misurarci sono rimaste pressoché invariate rispetto alle loro precedenti edizioni. Ormai cardine del prodotto, la Master League offre un’interfaccia completamente ricostruita a mò di cerchio, anche se non ci mette di fronte a reali novità: l’area tecnica ci permetterà di gestire il cosiddetto piano di gioco (le tattiche, i titolari e altro ancora), mentre nel più classico degli uffici potremo metter mano al calciomercato – ostico, dovremo imparare a lavorare coi nostri calciatori, pur avendo molti soldi a disposizione – e alle relative trattative. Unico innesto, la possibilità di selezionare elementi talentuosi del proprio reparto giovanile (la Primavera) e portarli in prima squadra, con i rischi e i benefici annessi in scelte degne del miglior Mourinho. Dell’allenatore qui citato, invece, potremo vestire i panni negli immancabili campionati lineari che, se non altro, hanno il merito di dilatare la longevità comunque alta del titolo; è tanto il tempo, infatti, che spenderete nell’editor a rimodernare le compagini internazionali non aggiornate all’ultima tornata di mercato (prevediamo un aggiornamento per Gennaio) e le squadre senza licenza ufficiale. Confermata pure Diventa un Mito, la modalità che, pur presentando molte somiglianze con la Professionista di Fifa, fa rivivere all’utente l’esperienza di competere in una rosa di altri 21 (o più, se si sceglie l’Inter) compagni-rivali per una Domenica: la competizione, la voglia di dare spettacolo e la rabbia di sedere in panchina – peccato per l’assenza di un’opzione che aumenti la velocità dei match in cui non si è titolari – ci accompagneranno dalla nostra prima squadra (un’anonima e inventata società di serie inferiore) fino alla ribalta della nazionale, con cui potremo magari vincere la Coppa del Mondo. Sogni a occhi aperti, insomma, per un ragazzo di campagna.

Ultima nota per il comparto online che se da un lato soffre di una latenza minore – pressoché assente in buona parte dei nostri test – rispetto al passato, dall’altro patisce un matchmaking leggermente confusionario; è possibile creare stanze (per un massimo di quattro giocatori), un po’ più complesso renderle funzionanti o parteciparvi. Senza problemi, invece, il matchmaking rapido che ci accoppierà all’utente più simile alle nostre caratteristiche (persino in base alla città di appartenenza).

PES 2010 è il tentativo, l’abbiamo affermato anche in precedenza, di riportare la serie ai fasti di un tempo. Il lavoro c’è stato, onore a Takatsuka-san per questo, ma non siamo sicuri che si sia mosso nella direzione più appropriata. L’alunno discolo è rimandato, ancora una volta, al prossimo mese di Ottobre.

Valutazione Generale

Presentazione: 6
Non eccessivamente ispirati i menù – ormai s’è capito, non ci sanno fare – con colori tra il viola e il grigio. Continuano a essere imbarazzanti i caricamenti tra un cambio di maglia e l’altra: sembra che i calciatori si stiano spogliando per davvero!

Gameplay: 5.5
Troppo lento. Il solo sistema di tiro – non quello su rigore, però – tira avanti la baracca sfasciata di un gioco che non sa più dove andare.

Grafica: 8
Insolitamente, il comparto grafico è l’ultimo dei problemi di PES. La resa visiva è godibile, specie nei match di Champions League che si avvantaggiano di un’atmosfera d’altri tempi, mentre le fattezze dei calciatori sono riprodotte con fedeltà.

Sonoro: 8.5
Il commento Pardo – Altafini non è l’apoteosi dell’originalità ma si lascia ascoltare con simpatia; la colonna sonora alterna alti e bassi.

Longevità: 7.5
L’introduzione delle giovanili nella Master League tenta di allungare un brodo altrimenti insipido a suon di Champions e Diventa un Mito.

Multiplayer: 7
Parola d’ordine: (quasi) niente lag. Un risultato impensabile, fino a qualche stagione fa.

Voto Complessivo: 7

La crisi d’identità è più grave del previsto per un titolo abituato a ben altre valutazioni.

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