Recensione – The Elder Scrolls IV: Oblivion (Xbox 360)

di • 23 marzo 2006 • RecensioneCommenti (0)1225

Titolo: The Elder Scrolls IV: Oblivion
Genere: RPG
Piattaforma: Xbox 360
Sviluppatore: Bethesda
Publisher: 2K Games
Data di uscita: 24 Marzo 2006

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Il modo di intendere una parola, un termine o un concetto, come sappiamo, può variare in base alla persona che recepisce o pronuncia le suddette parole o formula il suddetto concetto.
Il termine "videogioco", ad esempio, per alcuni sviluppatori costituisce quasi un vero e proprio sinonimo di "arte", per altri solamente puro e semplice divertimento fine a se stesso, mentre altri ancora guardano al videogioco solamente come ad una strada troppo redditizia per rifiutarsi di iniziare a percorrerla.
Chiunque ha avuto la fortuna di giocare a quel capolavoro diThe Elder Scrolls III: Morrowind, sarà riuscito sicuramente a intravedere la concezione che alla Bethesda Softworks hanno del "videogioco".
Per la Bethesda, il videogame deve essere qualcosa che va aldilà del solo, puro e semplice divertimento. Per risultare completa, l’esperienza ludica deve avvicinarsi il più possibile alla vita reale (con tutti i meccanismi, i gesti, le parole, le differenze culturali e l’insieme dei rapporti che la regolano) e proporre allo stesso tempo situazioni impossibili e paesaggi al limite del fantastico.
E’ proprio questo che la Bethesda cercò di fare conMorrowind, e fu proprio questo l’obiettivo, in parte, mancato. A causa della "scarsa" potenza degli hardware di allora, fu impossibile riuscire a realizzare paesaggi molto vasti ed avere allo stesso tempo una perfetta IA degli NPC (personaggi non giocanti).
Il progetto The Elder Scrolls IV: Oblivion, come dichiarato dagli stessi sviluppatori, partì proprio da questo: riuscire a rendere questo gioco un’esperienza completa, l’evoluzione di tutto ciò di cui Morrowind aveva solamente mostrato le basi. Ci saranno riusciti? Saranno riusciti a trasformare un capolavoro nel gioco perfetto? La risposta nella nostra recensione…

Nozioni di storia
Impossibile parlare di Oblivion senza citare i capostipiti della saga. Il primo vero successo della (allora) appena nataBethesda Softworks (software house che prende il nome dalla omonima città del Maryland) fu senza ombra di dubbio The Elder Scrolls: Arena. Uscito nel lontano 1992, l’obiettivo di questo primo capitolo della saga era quello di riuscire a portare sullo schermo le esperienze tipiche degli RPG cartacei. Il risultato fu certamente di ottimo livello e l’obiettivo fu quasi raggiunto. Il problema principale di Arena, tuttavia, era quello della quasi totale assenza di una quest o di una trama principale: questa totale mancanza alla lunga finiva per annoiare il giocatore.
Il secondo capitolo della saga, Daggerfall, cercò di colmare i punti deboli del primo capitolo, iniziarono a comparire degli abbozzi di trama ed un filo conduttore nelle varie quest che si affrontavano durante il gioco. Alcune trovate interessanti, come il generatore casuale di dungeon, riuscirono a far diventare questo gioco un vero e proprio cult tra i videogiocatori.
Proprio come Oblivion rappresenta essenzialmente un evoluzione diMorrowind, cosi Daggerfall iniziò anche esso a porre le basi di quello che sarebbe stato Morrowindqualche anno più tardi.
Uscito nel non troppo lontano 2002, The Elder Scrolls III: Morrowind rappresentò una vera e propria rivoluzione per il genere RPG, mai si era vista in un RPG una così ampia libertà di esplorazione. Per la prima volta in un episodio della saga "The Elder Scrolls" vi era inoltre la presenza di una trama principale e di un filo conduttore tra le varie quest, che contribuiva a rendere il tutto più interessante. Ovviamente, pur nella sua immensa magnificenza, neanche Morrowind era esente dai difetti e la pecca principale del gioco rimaneva la scarsa intelligenza degli NPC.
Questa lunga introduzione per spiegare essenzialmente cosa è e cosa rappresenta questo quarto capitolo della mai troppo lodata serie targata Bethesda Softworks. Oblivion è, essenzialmente, una naturale evoluzione della saga, che punta ad ampliare ed a rifinire ciò che è stato Morrowind. Grafica alle stelle, ambienti ancora più vasti, grande giocabilità, musiche epiche e finalmente NPC che sembrano davvero persone reali che vivono una propria vita.

Le emozioni che riesce a trasmettere un videogioco
Ogni forma d’arte ci trasmette delle emozioni. Ricordo ancora le sensazioni che provai quando vidi per la prima volta il film Blade Runner, o quando giocai per la prima volta un certo capolavoro di nome Shenmue.
C’è chi dice che il compito di un redattore in fase di recensione dovrebbe essere sempre quello di parlare con un linguaggio tecnico e soffermarsi sempre sugli aspetti estetici ed oggettivi di ciò che si appresta a descrivere. Io non sono d’accordo, ritengo che sia impossibile spiegarvi cosa sia Oblivion senza cadere nel soggettivo, senza spiegare ciò che ho provato io stesso la prima volta che ho messo piede nel mondo di Oblivion, la prima volta che ho varcato i cancelli di Cyrrodiil. Emozione, sgomento, incredulità, felicità e senso di spaesatezza, questo è ciò che ci regala Oblivion nei soli primi dieci minuti di gioco.
Dopo un filmato introduttivo in stile prettamente fantasy, verremo già catapultati nell’azione, prigionieri in una cella riprodotta talmente bene e con una fisica (il gioco utilizza il celebre motore fisico Havoc 2.0) talmente realistica che ci sembrerà quasi di sentire il gelido metallo delle catene della nostra prigione.
Dopo aver passato i primi minuti di gioco a guardarci intorno e ad ascoltare il nostro compagno di cella che, nella sua immaginazione, già ci condanna a morte sicura, verremo inspiegabilmente liberati dal Re in persona. Ma cosa ci fa il Re nei freddi cunicoli di questa prigione sotterranea? Perchè parla con tono preoccupato? Da chi (o da cosa) sta cercando di scappare e soprattutto perchè ci ha liberato?
Queste domande sono le domande alla base di quella che sarà la quest principale di Oblivion, e queste domande si porrà il giocatore mentre percorrerà il freddo cunicolo della prigione in cerca di libertà, in cerca di quel fascio di luce che presto ci troveremo davanti, un fascio di luce talmente accecante da non accorgerci che nasconde dietro di se la vastità della foresta, la vastità delle terre di Tamriel.
Dopo esser rimasti accecati da quel primo fascio di luce, tutto inzierà a cambiare nella testa del videogiocatore, le domande precedenti lasceranno spazio all’incredulità, allo sgomento, mai nella storia del videogame ci eravamo trovati dinanzi ad un paesaggio cosi vasto, mai nella storia del videogame avremmo immaginato di urlare ad alta voce "mio Dio, ora cosa faccio, ora dove vado, dove devo andare?". Probabilmente, se il protagonista avesse una mente propria o la possibilità di parlare, invocherebbe Dio chiedendogli cosa fare, e ancora, se quell’insieme di pixel avesse avuto almeno una volta la fortuna di varcare i cancelli che separano la realtà dalla finzione, il videogame dalla vita reale, probabilmente inizierebbe a chiedersi se quello sia davvero il suo habitat naturale, se quello sia davvero un videogame o se forse, come per magia, si fosse ritrovato nel mondo reale. Eh si, rimane cosi, senza parole, e mentre il giocatore applaude, il personaggio rimane immobile.

Evoluzione naturale
Come già detto, Oblivion porta all’estremo tutto ciò che è stato Morrowind. Rispetto al capitolo precedente troveremo ambienti ancora più vasti, un grande utilizzo della fisica, una maggiore intelligenza degli NPC ed ovviamente un motore grafico al passo con i tempi, senza ombra di dubbio il motore grafico migliore che si sia mai visto nella storia dei GDR (ed uno dei migliori di sempre).
Ma, visto che sul comparto grafico torneremo dopo, vorrei soffermarmi proprio sull’intelligenza degli NPC. Al contrario di Morrowind, dove spesso gli NPC ripetevano sempre le stesse frasi e compivano, nella maggior parte dei casi, le medesime azioni, in Oblivion, invece, questi sembrano vivere una vita propria. Raramente ci sembrerà che un NPC faccia sempre le stesse azioni e spesso incroceremo addirittura dei personaggi che parlano delle nostre gesta e delle missioni che abbiamo portato a termine qualche ora prima. In base al nostro comportamento, ovviamente, cambierà il loro modo di percepirci: se ci comporteremo male e saccheggeremo interi villaggi i cittadini inizieranno ad avere paura di noi, scapperanno, e non vorranno farci mettere piede nelle loro case. Al contrario, se intrapenderemo la strada dei perfetti paladini al servizio della luce ci elogeranno, racconteranno le nostre gesta e spesso ci fermeranno per strada per chiederci favori. Insomma, evoluzione naturale del concetto di "personaggi che vivono una vita indipendente", che Morrowind aveva solamente introdotto a metà.
Rispetto a Morrowind è stato notevolmente migliorato anche il sistema di creazione del personaggio (ovvero, la prima schermata che ci troveremo davanti una volta premuto il pulsante "start"). La prima cosa che l’editor ci chiederà, sarà ovviamente quella di scegliere la classe di appartenenza, come ad esempio Elfi, Nord, Orchi, Imperiali, khajit ecc…
Una volta scelta la classe di appartenenza ci troveremo davanti ad un altro notevolissimo passo avanti rispetto al suo predecessore, il nuovo editor facciale, che offre talmente tante opzioni e modi per modificare il volto del nostro personaggio che potremmo passare un ora solamente a provare tutte le numerosissime combinazioni. Gli aspetti modificabili, oltre alle labra, al mento, alla fronte, agli occhi, alle sopracciglia, comprendono anche colore della pelle, capelli ed età del personaggio. Una volta creato l’aspetto estetico del nostro alter ego, dovremo scegliere il suo segno e la mansione principale che intendiamo fargli intraprendere. Le restanti caratteristiche potremo sceglierle direttamente nel corso dell’avventura ed ovviamente, in base alle nostre scelte, dipenderanno anche le magie e le skills che potremo acquisire nel corso del gioco.

Sistema di controllo, combattimenti, inventario ed inquadrature scomode
Una delle principali differenze tra Oblivion e Morrowind è che quest’ultimo fu pensato solamente per un uscita su personal computer e poi, solamente in seguito, convertito anche sulla prima console di casa Microsoft. Bethesda, con Morrowind, riuscì a dimostrare che un GDR tipico del mondo dei personal computer può essere concepito benissimo tenendo in mente una piattaforma "console", e con Oblivion ce ne dà la conferma definitiva.
Oblivion fu concepito fin dall’inizio per un uscita simultanea console/PC, questa differenza, anche se apparentemente potrà sembrare quasi irrisoria, si ripercuoterà invece sul sistema di controllo.
Al contrario del suo predecessore, il nuovo capolavoro Bethesda non presenta un sistema di controllo macchinoso e difficile da padroneggiare. Giocare quest’ultimo capitolo della saga "The Elder Scrolls" su Xbox 360 è di una facilità quasi disarmante, il pad della nuova console Microsoft risulta praticamente perfetto ed il richiamo dei numerosi menu incredibilmente facile.
Insomma, un sistema di controllo che non ha nulla da invidiare a mouse e tastiera della versione per personal computer, ma che anzi, in numerosi casi, risulterà addirittura più comodo. In breve, con il pulsante "X" potremo estrarre la nostra arma, il pulsante "A" ci permetterà di interagire con lo scenario che ci circonda, "Y" ci consentirà di saltare e "B" di entrare nell’inventario. Ma la parte da leone la fanno i grilletti RT-LT ed RB-LB, che ci permettono rispettivamente di attaccare, parare, lanciare incantesimi ed afferrare gli oggetti. Grazie a questo uso a dir poco perfetto del pad della console Microsoft, ci troveremo fin da subito in confidenza con il sistema di controllo.
Vale la pena soffermarsi anche sulla visuale in terza persona (sarà possibile cambiare la visuale in qualsiasi momento del gioco grazie alla pressione dello stick destro del pad), una delle note dolenti del gioco. Questa visuale, oltre a risultare enormemente imprecisa durante le fasi di combattimento, ci mostra un personaggio con delle movenze, seppur migliori di quelle del nostro PG in Morrowind, ancora molto improbabili.
Insomma, una visuale in terza persona con l’unica nota di merito che è quella di darci la possibilità di ammirare l’armatura del nostro paladino in tutto il suo magnifico splendore, ma che poco si adatta allo stile ed all’azione del gioco.
Punto forte del gioco invece, risulta essere il sistema di combattimento, notevolmente migliorato rispetto a quello di Morrowind. Combattere, parare i colpi degli avversari e lanciare incantesimi in Oblivion è estremamente semplice quanto di impatto. Le movenze del personaggio sono molto realistiche, e pregevoli risultano essere anche gli effetti grafici che accompagnano l’esecuzione di una magia o di una particolare mossa. Da segnalare anche la grande comodità di poter assegnare ad ognuna delle direzione della "crocetta" del pad armi, oggetti ed incantesimi, in modo di poterli selezionare in maniera estremamente veloce. Di qualche miglioramento avrebbe necessitato il sistema di collisioni durante i combattimenti, che, soprattutto nelle situazioni più caotiche, risultano in parte imprecise.
A differenza della maggior parte dei GDR occidentali, che presentano inventari spesso troppo vasti e complessi per chi non è appassionato del genere, Oblivion ha un sistema di invetario estremamente semplice ed intuitivo. Quest’ultimo è suddiviso in 4 pagine, ognuna dedicata a determinate caratteristiche. Nella prima pagina troveremo tutte le statistiche del nostro personaggio principale (razza, classe, livello, potenza magica, resistenza, skill e cosi via) nella seconda potremmo invece selezionare l’equipaggiamento (che comprende armi, scudi, vestiario, oggetti trovati durante il gioco e oggetti acquisiti), la terza pagina è dedicata al sistema di gestione delle magie (poteri acquisiti ed incantesimi) e nella quarta potremo invece consultare l’enorme mappa di gioco, che oltre ad esserci di grande aiuto durante l’esplorazione, si occuperà anche di ricordarci le quest attive, la quest attuale e quelle completate.

Il comparto tecnico: grafica, sonoro e fisica
La prima cosa di Oblivion che ci è saltata all’occhio, fin dalle sue primissime presentazioni, inutile negarlo, è il comparto grafico. Anche se bisogna ammetterlo, questo ha subito un visibile "downgrade" rispetto alle primissime fotografie. Nulla di grave però, non disperate, graficamente Oblivion rimane un titolo di prim’ordine, stupefacente nella vastità delle ambientazioni, incredibilmente evocative. La prima cosa che noterete sarà l’ampiezza del campo visivo: esplorando le vaste vallate delle terre di Tamriel, potrete ammirare montagne che distano numerosi chilometri, montagne che ovviamente potrete raggiungere, a piedi o in sella al nostro fedele destriero. Le varie ambientazioni, sia interne che esterne, lasciano letteralmente a bocca aperta per i numerosi dettagli e sarà impossibile, durante il gioco, non fermarsi qualche minuto solamente per rimanere ad ammirare il paesaggio che ci circonda. Altra nota positiva del comparto tecnico è la fisicità degli oggetti, talmente realistica che ci divertiremo alcuni minuti solamente ad afferrare e rilasciare le catene all’interno della cella, all’inizio del gioco. Non è certamente un segreto che il motore fisico Havoc 2.0 consente di fare cose grandiose, ma è la prima volta che vediamo un motore fisico implementato cosi bene all’interno di un gioco di ruolo.
Discorso a parte merita il comparto sonoro, con musiche degne del miglior colossal americano. Tutte magistralmente orchestrate, contribuiscono ad esaltare la drammaticità degli eventi e la bellezza dei paesaggi che ci circondano. Pensate che alla Bethesda avevano talmente a cuore il comparto sonoro che per l’esecuzione delle canzoni hanno chiamato addirittura la banda della loro città al completo (composta all’incirca da 200 persone).

Commento Finale
Sicuramente, dopo i toni entusiastici di questa recensione, molti di voi si staranno chiedendo se questo quarto capitolo della saga "The Elder Scrolls" sia il gioco perfetto. La risposta è "no", anche Oblivion ha inevitabilmente alcuni difetti, ma rimane comunque un’esperienza che arriva maledettamente vicino alla meta tanto agognata, forse come mai si era visto prima d’ora.
Oblivion non è un semplice gioco, è qualcosa di più, è ciò che più può candidarsi ad essere il massimo rappresentante dell’intera categoria del videogame. In termini di paragone, Oblivion rappresenta per il videogioco ciò che "La Gioconda" di Leonardo Da Vinci rappresenta per l’arte.
Oblivion non è solamente combattere, usare incantesimi e "salire di livello", ma è vivere in un vero e proprio universo alternativo accessibile tramite il pulsante di accensione della nostra console. Ad accrescere questa stupenda esperienza è anche l’ottima traduzione in italiano dei sottotitoli: il team messo su daTake-Two ha svolta davvero un lavoro magistrale e quasi esente da difetti.

Complimenti Bethesda, grazie a te il gioco perfetto non è più una cosi lontana utopia!

NOTA BENE: Oblivion potrebbe creare problemi con la deframmentazione dei file presenti su Hard Disk. Cosa significa? In parole povere, in quanto facente ampio uso dell’hard disk (sulle console che ne sono dotate) per velocizzare la lettura dei dati su disco, Oblivion crea dei file tempoarenei che potrebbero saltuariamente rallentare in modo notevole il gioco. Risolvere il problema (qualora si presentasse) è molto semplice, basta seguire queste semplici procedure:

- Riavviare la console con il disco inserito
- Tenere premuto il pulsante "A" fino alla comparsa del logo "Bethesda Softworks"

Ciò comporterà la completa cancellazione dei file di gioco temporanei, ma non preoccupatevi, i vostri salvataggi non verranno cancellati.

La Pagella

Grafica: 9
Sonoro: 10
Longevità: 10
Giocabilità: 9

Voto complessivo: 9.7

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Si ringrazia Take 2 per la collaborazione.

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